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Emozione ed autismo (parte prima)

Seguire con gli occhi un airone sopra il fiume e poi ritrovarsi a volare e sdraiarsi felice sopra l’erba ad ascoltare un sottile dispiacere…………domandarsi perchè quando cade la tristezza in fondo al cuore come la neve non fa rumore e guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire…….capire tu non puoi……..tu chiamale se vuoi emozioni……….

L’emozione,così come il tempo e la consapevolezza, è un concetto chiaro a tutti, fin  quando non ci viene chiesto di definirlo. Per tale motivo ho ritenuto opportuno partire da una delle più belle definizioni del significato di emozione regalataci da Mogol e Battisti. In perfetta coerenza con quanto scritto in questi sei mesi, tratteremo l’argomento nei termini della neurobiologia evolutiva.

Nel secolo scorso, le scienze cognitive hanno determinato fenomeni di negligenza scientifica oltre che nei confronti dell’autismo, anche nella comprensione dell’emozione, grazie anche alla mancanza di una prospettiva evoluzionistica nello studio del cervello e dei processi mentali.

Le neuroscienze ci faranno da guida in questo breve, ma spero utile e chiarificatore, percorso. Faremo riferimento, in special modo, agli studi ed alla ricerca soprattutto di due neuroscienziati: Antonio Damasio e Joseph LeDoux ma, soprattutto, affronteremo la questione negando, già in posizione di partenza, l’esigenza di voler ricorrere ad omuncoli o specifici moduli, nè nel cervello, nè, tanto meno, in senso metafisico.

Ho trattato, nel mese di novembre, le problematiche cognitive nei bambini con autismo, ritenendole necessarie per una migliore comprensione di quanto tratterò in questo mese e questo poichè, in sintonia con Damasio e gli altri neuroscienziati di riferimento, ritengo che consapevolezza ed emozioni non siano separabili nell’uomo, nè nell’autismo. Fin dal primo articolo del blog sono rimasto fedele ad una semplice prospettiva scientifica : la consapevolezza consiste nella “costruzione di conoscenza” in merito a due fatti, quello in cui l’organismo, e non il cervello, è coinvolto in una relazione con qualche oggetto, e quello in cui l’oggetto coinvolto nella relazione causa un cambiamento nell’organismo e, dunque, nel cervello.

Per poter sopravvivere, è necessario trovare ed incorporare fonti di energia, oltre che impedire ogni situazione che minacci l’integrità dei tessuti viventi (omeostasi). Nessun organismo può sopravvivere senza “assumere”decisioni capaci di garantire azioni “giuste”. L’uomo ha un sistema nervoso altamente complesso, grazie al quale può assumere tali decisioni, non solo per disposizioni (come fanno le specie sprovviste di cellule nervose o con sistemi nervosi meno complessi) ma anche per immagini (grazie all’organizzazione “a rete” della corteccia cerebrale). Sovente “buone azioni” godono della compagnia di “buone immagini” o rappresentazioni, in quanto queste consentono di scegliere tra diversi repertori di schemi d’azione disponibili. Dunque, tante forme viventi “fanno e fanno benissimo” senza saperlo. Quando, nel corso dell’evoluzione, i cervelli raggiungono complessi livelli organizzativi, ove non solo tantissime informazioni ambientali possono essere trasdotte ma, soprattutto, possono essere integrate a livello corticale, allora l’organismo acquisisce la capacità di conoscere la storia che si svolge entro i confini del proprio corpo. E’ la storia della propria vita, fatta da neurostati e psicostati che vengono continuamente alterati dall’incontro con oggetti o eventi dell’ambiente (percezione), come pure da pensieri o da mutamenti interocettivi. Allo stesso tempo, tale organizzazione neurologica, determina che, in maniera automatica, emerge la conoscenza di come l’organismo “vive”la sua dinamica storia. Emozione e consapevolezza sono processi che ci consentono la stessa funzione: sopravvivere.

In effetti la conoscenza inizia come sentimento di ciò che accade quando tocchiamo, vediamo, udiamo, gustiamo, annusiamo. Essa è un sentimento che accompagna la formazione di quelle rappresentazioni tattili, visive,uditive,gustative,olfattive, viscerali, all’interno dell’organismo vivente. Il sentimento (sento) marca queste rappresentazioni come nostre, consentendoci di sapere che tocchiamo, udiamo o vediamo. Il soggetto con autismo non è sprovvisto delle strutture neuronali che garantiscono le rappresentazioni (aree corticali), dunque non può non “sentire” come il suo corpo cambia al cambiare della percezione. Ma questo appartiene al prossimo articolo.

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