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Sentimento ed autismo……… e robotica

Quando, involontariamente o meno, ti capita di “incontrare” un volto o un rametto di pungitopo, oppure l’odore di un sigaro cubano, o un tocco sulla nostra testa o, ancora, una nota musicale, oppure, in una terra straniera, immagini i colori del “tuo” Vesuvio, succede che, nel tuo cervello, si innesca una modifica delle rappresentazioni neuronali (neurostato). Queste sono conseguenziali al fatto che, come già scritto nell’ultimo articolo, certe aree neuronali inviano potenziali d’azione ad altre aree cerebrali, oltre che ad ogni parte del  nostro corpo, attraverso la via neuronale e quella ematica. L’azione (viscerale e motoria) automatica che ne consegue (psicostato) viene chiamata EMOZIONE. L’utilità evolutiva di possedere una struttura neuronale complessa, capace di garantire reazioni automatiche ad induttori ambientali (emozioni) è quella di indurre un organismo ad assumere atteggiamenti e comportamenti capaci di favorire il mantenimento della sua omeostasi. In una chiave di lettura neurobiologica evolutiva, ed in linea con le attuali neuroscienze, si può affermare che le emozioni sono dirette verso l’esterno pertanto, esse sono pubbliche. Allo stesso tempo, l’uomo, grazie alla complessità del suo Sistema Nervoso, ovvero, grazie alla grande capacità del suo cervello di integrare dati (vista la notevole massa di interneuroni, ricchi di prolungamenti), specie a livello corticale, gode anche della facoltà (psicostato) di “essere consapevole” delle emozioni prodotte, quindi di avere SENTIMENTO.

Il sentimento,a differenza dell’emozione, risulta essere diretto verso l’interno e, dunque, essere privato e soggettivo. Nel corso della storia evolutiva, il comportamento, ben prima di essere regolato anche dall’autoconsapevolezza, è stato regolato, soprattutto, dai circuiti limbici. Pertanto, l’emozione (psicostato) ha preceduto la capacità di avere conoscenza (psicostato). Allo stesso tempo, nel corso dello sviluppo ontogenetico, il comportamento emotivo (psicostato) precede quello “cognitivo” (psicostato), affiorando in ciascuno di noi per effetto di induttori che, anche nelle fasi della vita adulta, potrebbero non essere riconosciuti consapevolmente. Invece, ciò che l’uomo sovente conosce è che la dinamica ambiente/cervello/corpo ha interessato proprio “lui”.Dunque, grazie alla complessità del suo Sistema Nervoso e, quindi, grazie alle sue vastissime capacità di conoscenza, l’uomo “sente” gli effetti del suo comportamento (sentimento). Pertanto, il sentimento, come l’emozione, è mirato alla sopravvivenza dell’organismo. A mio personalissimo avviso, affondando entrambi le radici nel corpo, regolano l’omeostasi interna (emozione) e quella sociale (sentimento).

Senza eccezione, uomini e donne di ogni età, cultura, livello di istruzione e professione hanno emozioni, regolano la propria vita in funzione dell’emozione. Esse non sembrano affatto una caratteristica distintiva dell’uomo, poichè moltissime altre specie viventi provano emozioni in abbondanza. Possiamo ancora interrogarci sulla capacità di un soggetto con autismo di provare emozioni?. Potrebbe, invece, consequenzialmente al disordine dello sviluppo neurologico, presentare una difficoltà nel provare sentimento? Ma questa non è stata definita una questione privata e soggettiva, dunque non esplorabile scientificamente?.

Domani vedremo in quali casi l’emozione si “assenta”.

P.S:   Il 12 dicembre scorso sono stato invitato ad un convegno sulla tematica: autismo e robotica….quale futuro?

A mio avviso l’argomento, come tutte le novità, riveste fascino e richiede attenzione. Un importante settore dell’ingegneria è proiettato nel mettere a punto super computer oltre che robot con capacità operative sempre maggiori. Penso di essere sufficientemente curioso pertanto, accetto la sfida e non pongo obiezioni a tali aspettative. Vorrei solamente chiarire, al fine di evitare equivoci, che le abilità umane sono regolate da un’organizzazione neurologica che risulta essere totalmente differente dal modello organizzativo degli “esseri artificiali”. Inoltre, in teoria, la robotica potrà aiutare molto i soggetti con autismo, ma di sicuro non nel settore dei sentimenti e/o delle emozioni, almeno per come oggi viene inteso il problema: gli autistici provano più empatia per un robot che per le persone. Chiediamolo ad una mamma di un bambino con autismo. Gli esperti sono coloro che hanno esperienza della problematica, non quelli che fanno ipotesi di studio.

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