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Archeologia del biocognitivismo e della mente autistica

“Signore, il mondo ha guardato a questi problemi dal punto di vista psicologico. E’ un errore! Sono problemi neurologici; inoltre il comportamento del bambino ci dice dov’è il problema. Se riusciamo a sapere dov’è il problema, possiamo cominciare a curarlo”.

Dart aveva ascoltato attentamente, si alzò e guardò ancora, a lungo, dalla finestra nella valle. Poi si girò verso di me e disse quietamente:

“Carl, devi perfezionare la tua idea, fare attenti controlli e, quando sarai pronto, hai la responsabilità di dirlo al mondo”.           “ALLA SCOPERTA DEL BAMBINO AUTISTICO”   Carl H. Delacato

Non vi sono dubbi: l’ingrossamento evolutivo delle aree cerebrali ha stimolato lo sviluppo di capacità cognitive superiori, contribuendo a fare di noi ciò che siamo.

Chi per primo, negli anni venti aveva descritto il primo esemplare di Australopithecus, era rimasto colpito dal fatto che nei nostri antenati più prossimi il lobo parietale fosse più voluminoso che nelle scimmie antropomorfe, mentre le altre parti del cervello avessero un aspetto simile, fu Raymond Dart, il paleoantropologo australiano a cui il dottor Delacato si era rivolto (erano legati da una stretta amicizia) per esporre la sua teoria sulla patogenesi dell’autismo.

Nella parte posteriore del cranio, sotto l’osso parietale, si trova un’area cerebrale decisiva per le nostre “facoltà cognitive”: il lobo parietale. Durante l’evoluzione i lobi parietali si sono notevolmente modificati. Nell’ Homo sapiens le due ossa parietali risultano più convesse rispetto alle altre specie di primati, poichè i lobi parietali superiori hanno richiesto più spazio.

I neuroanatomisti suddividono il lobo parietale in lobo parietale inferiore e superiore. Da molti decenni sappiamo che, i circuiti neuronali situati nel lobo parietale inferiore caratterizzano i neurostati del linguaggio e delle nostre capacità di calcolo, mentre il lobo superiore è stato meno studiato. Uno dei motivi di tale ritardo di conoscenze è rappresentato dal fatto che, tali circuiterie neuronali, sono intimante integrate (aree associative).

In effetti, le aree superiori del lobo parietale, trascurate dai localizzazionisti, hanno un ruolo importante nella genesi delle nostre capacità cognitive (biocognitivismo). Queste aree si organizzano specie nel primo anno di vita, quando si sviluppa la forma rotonda del cranio tipica della nostra specie. In questa regione sono presenti il precuneo ed il solco intraparietale. Il precuneo, la cui grandezza sembra essere corrispondente alla prominenza dell’osso parietale, è la struttura del cervello con le differenze individuali più marcate. I suoi solchi differiscono da individuo ad individuo.

Attenti studi, in persone post-ictali con danno al precuneo, evidenziano il ruolo importantissimo svolto da queste aree corticali nell’acquisizione della percezione del proprio corpo, oltre che dello spazio.

Nel precuneo si integrano informazioni visuo-spaziali. I neuroni situati in questa regione ricevono, dai neuroni della corteccia somatosensoriale, segnali sulla percezione del corpo generati all’interno ed all’esterno, mentre il lobo occipitale, che elabora soprattutto stimoli visivi, trasmette dati sull’ambiente circostante. Le cellule nervose del precuneo unificano queste informazioni, integrandole con quelle della memoria autobiografica. L’individuo acquisisce così la consapevolezza di se stesso in uno spazio, oltre che in un tempo (biocognitivismo).

Il precuneo integra segnali provenienti da diverse regioni del cervello.

Negli ultimi anni alcuni antropologi hanno osservato che le aree superiori del lobo parietale aumentano durante la fabbricazione di utensili in pietra. Del resto la coordinazione occhio-mano, che nell’uomo svolge un ruolo centrale, coinvolge il solco intraparietale (anch’esso molto individuale).

Di sicuro, all’origine delle nostre facoltà cognitive vi troviamo coinvolte la coordinazione occhio-mano e la memoria di lavoro (fabbricazione di utensili, caccia organizzata, agricoltura, orientamento, capacità di calcolo, controllo delle emozioni). Questi processi dipendono dalle “giuste informazioni” trasferite alle aree associative, oltre che dalla loro corretta integrazione.

NON VI SONO DUBBI: IL COGNITIVO SI GENERA CON IL FARE E NON A TAVOLINO! (biocognitivo).

Ce lo dicono soprattutto gli antropologi, senza i loro insegnamenti non avrebbe avuto origine la METODOLOGIA DELACATO.

Questa è altra cosa, questo è storia.

1 commento a Archeologia del biocognitivismo e della mente autistica

  • Luisa Pucci

    La scorsa settimana durante delle gare sportive di ragazzi con varie disabilita. Seduta sugli scalini dello stadio vedevo tutti i ragazzi di spalle….e ho notato che alcuni di loro avevano la parte posteriore del cranio …più piatta ..praticamente come schiacciata. Ora leggo il suo articolo ….
    Un cranio più piatto nella zona parietale o occipitale cosa può significare?
    Grazie sempre

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