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Per i bambini con autismo le “cure a tavolino” non vanno bene

Uno dei maggiori limiti, da parte della neuropsichiatria infantile, verso la comprensione delle patologie del neurosviluppo, è stato quello di parlare del comportamento dei bambini come se il fattore età avesse una scarsa rilevanza. In effetti, come per offrire ad un cervello in età evolutiva tutte le opportunità di sviluppo è necessario conoscere COME e QUANDO si organizza, e quali sono i passi salienti delle sue trasformazioni, così, quando ci occupiamo di anomalie comportamentali in età evolutiva, è necessario conoscere precisamente QUANDO i genitori hanno rilevato le prime manifestazioni cliniche, al fine di comprendere DOVE e COME quel Sistema Nervoso ha manifestato una disorganizzazione. Appare ovvio, a chi conosce COME si organizza il Sistema Nervoso umano che, qualora il cucciolo d’uomo manifesti segni clinici di disordine dello sviluppo già nei primi 16-18 mesi di vita, necessita di intensa attività sensori-motoria e non di una presa in carico “a tavolino”.

Un altro limite importantissimo è stato quello di aver considerato il linguaggio una funzione dipendente, in maniera esclusiva, dalle aree del linguaggio (Broca e Wernicke), oltre che un’abilità strettamente connessa al pensiero. Al punto che, abbiamo trovato un nome altisonante, Homo sapiens, e lo abbiamo attribuito a noi stessi, in quanto consideriamo la facoltà di parlare e di pensare la nostra maggiore abilità. Certo, non potremmo parlare se non fossimo dotati di un organo vocale idoneo (laringe) e se il nostro cervello non contenesse le aree di Broca e Wernicke, adatte a custodire memorie motorie e sensoriali. Il linguaggio, però, dipende da una fitta rete neuronale interagente, ampiamente diffusa in una moltitudine di aree del cervello, specializzate, prevalentemente, nella motricità e nella sensorialità, e non certo nella “sapienza”. Di sicuro, il linguaggio è parte di un continuum che dai gesti, se non dal pianto, si estende fino alla comunicazione verbale. In effetti, possiamo dire che, il linguaggio non viene acquisito “a tavolino”, ovvero  per semplice ripetizione o attraverso un freddo meccanismo di tentativi ed errori, ma al seguito dell’organizzazione di altre funzioni o abilità neuronali (limiti della logopedia classica). Pertanto, prima di strutturare un percorso riabilitativo finalizzato ad ottenere il linguaggio verbale, è necessario un attento esame delle competenze motorie del piccolo in oggetto, in special modo della mimica, oltre che della gestualità. Questo perchè, in termini evoluzionistici, quando un particolare circuito neuronale o sistema si rileva poco adattivo alla nuova pressione ambientale, emerge, per selezione naturale, un nuovo circuito che, talvolta compete, altre volte agisce in parallelo, con quello preesistente.

Un altro limite devastante è stato quello di considerare le funzioni motorie di basso livello, subordinate a quelle strutture che sono alla base della cognizione, del pensiero, del linguaggio e della ragione. In effetti, specie nella nostra cultura (occidentale), il corpo viene considerato un’entità inferiore a quella mentale. Invece, le neuroscienze moderne ci mostrano come la cognizione sia strettamente correlata con l’attività di aree corticali responsabili della sensori-motricità (biocognitivismo). Per chiunque voglia occuparsi di “abilitazione” (riabilitatore, educatore, pedagogista) deve essere chiaro che, senza un lavoro sul controllo motorio non si possono avere miglioramenti delle funzioni cognitive. Se nel corso del suo normale sviluppo il cervello ha bisogno di fare esperienze sensori- motorie (giocare con sabbia, con acqua, fare capriole, correre scalzo, ecc.), affinchè si sviluppino quelle aree del cervello che rappresentano il punto di partenza per organizzare le aree del linguaggio e del pensiero, come possiamo pensare che un bambino con disordine dello sviluppo neurologico (anche autismo) possa essere “curato” a tavolino? Inchiodare un autistico a tavolino significa scegliere di andare nella direzione opposta a quella che le neuroscienze, oltre al buon senso, ci stanno indicando con forza. Altro che prendersi cura di quel bambino nè, tantomeno, possiamo pensare di riabilitarlo attraverso l’uso di pc o tablet. Infatti, la realtà virtuale è fatta di immagini bidimensionali, oltre che di passività, e non di esperienze attive sensoriali e motorie in tre dimensioni, su materiali diversi (viventi e non, ruvidi e lisci, freddi e caldi, soffici e duri, ecc.) e, dunque, unico ambiente capace di favorire il neurosviluppo. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che, sovente, i bambini con autismo restano tranquilli e calmi di fronte ai videogiochi o al televisore, mentre in classe o in molte altre situazioni mostrano una intensa ed invalidante iperattività. Ma questo cambiamento, apparentemente positivo, è in realtà dannoso (qualora dovesse rappresentare la routine). Infatti, nel caso dello schermo, l’ATTENZIONE, è catturata in maniera automatica dagli stimoli luminosi emessi, grazie ad un sistema attentivo botton-up, già attivo nei primi mesi di vita, ed iperfunzionale nei soggetti con autismo. Pertanto, l’attività ludica (giocare con il tablet) e non certo abilitativa, finisce per renderlo più abile in funzioni già eccessivamente sviluppate ed, allo stesso tempo, non punterà sull’attività sensori-motoria, unica in grado di modificare la funzione di filtro e/o selettiva operata dal Sistema Nervoso al fine di controllare le informazioni sensoriali che, bombardando di continuo il nostro cervello, cercano di accaparrarsi la via finale comune o via motoria e, dunque, il comportamento.

1 commento a Per i bambini con autismo le “cure a tavolino” non vanno bene

  • Valeria

    Il mio bambino Simone è stato diagnosticato autistico a 18 mesi e da quando ha v 21 mesi è stato curato a tavolino con il metodo Teacch, adesso ha 5 anni e già prima avevo notato che quello che faceva non andava bene per lui anche perché adora camminare scalzo, giocare con la terra, con l’acqua e allora ho capito che lui aveva bisogno di soddisfare la sua conoscenza sensoriale e così ho scelto per mio figlio interventi più mirati alla zona motoria sensoriale come il metodo Delacato, la psicomotricità, il Floortime e acquaticita’……purtroppo il tavolino non è stato eliminato del tutto perché in Italia c’è ancora questo concetto riabilitativo ma l’abbiamo ridotto e abbiamo dato più importanza ad altro.

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