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La didattica del gesto: intervista alla dottoressa Annalisa Buonomo

La dottoressa Annalisa Buonomo, direttore scientifico del Centro Studi Delacato, ha partecipato al 1° International Symposium: Il bambino autistico a scuola, le anomalie del comportamento e dell’apprendimento didattico in relazione con i disturbi senso-percettivi-motori. L’evento è stato organizzato, dal Dipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e della Formazione dell’Università di Salerno, il 12 febbraio scorso. Il blog l’ha intervistata.

 

In occasione del Convegno IL BAMBINO AUTISTICO A SCUOLA, organizzato dall’Università di Salerno, ha incentrato il suo intervento sulla DIDATTICA DEL GESTO, può dirci in cosa consiste?

               

                La Didattica del Gesto è una linea guida per comprendere alcuni aspetti dello sviluppo del bambino e facilitare l’acquisizione di comportamenti coerenti con l’ambiente; la via di accesso per un buon apprendimento.

Se guardiamo al comportamento e all’apprendimento da un punto di vista biologico, sappiamo che tali processi sono condizionati dal grado di integrazione sensori.motoria raggiunto. Le ricerche scientifiche più avanzate sostengono che un aumento dell’attività  cross-modale(integrazione di più vie sensoriali e sensoriali motorie), tipica delle cortecce associative , abbia favorito risposte comportamentali più accurate e rapide e l’orientamento dell’attenzione, condizioni necessarie per l’apprendimento.

Quando un bambino è inserito al primo anno della scuola materna l’attività cross-modale è già presente,  ma occorre che l’ambiente sostenga questa azione neuronale, perché è un processo lungo che richiede esperienze continuative, e qui entra in gioco il ruolo dell’educatore .  A seconda della fascia di età con la quale si confronta, l’insegnante dovrebbe poter conoscere se e in che modo alcuni processi di integrazione sensori-motoria si sono innescati, per poi costruire un piano educativo adeguato.

Ed  è osservando il gesto che compie un bambino che l’insegnante puo’ fare questo?

Si, perché il gesto è il risultato di una specifica attività cross-modale dalla quale prenderanno vita molte altre funzioni. Ma per capire questo aspetto, forse, conviene fare un passo indietro, di diverse migliaia di anni.

Nel corso dell’evoluzione dell’uomo, il cervello ha subito molte modifiche sia anatomiche sia funzionali, ad esempio, con  la diminuzione delle dimensioni dell’intestino, si è registrato un aumento del volume cerebrale, mentre con l’acquisizione della posizione bipede ed il conseguente uso degli arti superiori si è registrata un’espansione delle cortecce associative con un aumento esponenziale dell’attività neuronale integrativa senso-motoria. Poter impugnare un sasso, poterlo lanciare lontano , forse per uccidere una preda o per sondare il terreno, è  stato, dunque,  quel passaggio fondamentale per cui sotto una forte spinta adattiva  il cervello ha intensificato l’attività cross-modale, creando i presupposti  per un buon apprendimento.

Il gesto di indicare, di lanciare una palla, di nascondersi il viso con le mani, così come quello di impugnare una posata o una penna possono apparire acquisizioni scontate in un bambino, ma in realtà sono il frutto di un’organizzazione neurologica molto complessa, che ha richiesto migliaia e migliaia di anni  di adattamento della funzione nervosa.

In un bambino autistico in che modo il gesto puo’ essere compromesso?

Intorno ai 15 mesi di vita un bambino deve poter indicare, isolando il dito indice, e, questo, è uno dei primi gesti che assume un significato specifico, sia per la valenza comunicativa sia per quella nervosa. Questo gesto è già il frutto di un’attività cross-modale in cui si registra un’intensa attività neuronale nell’area visiva, tattile e motoria.   Osservando un bambino con autismo, possiamo notare che l’area tattile è quella più compromessa.  Ciò  lo si evince dal modo con cui  manipola gli oggetti, evitando, talvolta, le superfici  pelose, o stringendo con una forza non adeguata l’oggetto, o portando costantemente quell’oggetto in bocca, stimolando continuamente  il cavo orale.  In presenza di questi comportamenti, si registra molto spesso anche un disordine nel tatto propriocettivo, che  svolge un ruolo fondamentale nel determinare tutti i tipi di prensioni e la precisione del gesto , dal momento che contribuisce in maniera significata a formare una mappa corporea a livello cerebrale( cortecce parietali).

A questo punto , il bambino con autismo, ma dovremmo dire la maggior parte dei bambini con un neuro sviluppo atipico,  procederà con un’azione cross-modale non efficiente e di li a poco potrebbe perdere la capacità di indicare, di lanciare una palla, di impugnare una penna.

Se dovessimo lanciare un spot potremmo dire: il primo apprendimento di un bambino è il suo corpo. Se  i processi neuronali che sostengono questo apprendimento  vanno a buon fine, quel bambino imparerà ad usare correttamente le mani, ad imitare gesti comunicativi ,  ad assimilare il  concetto di spazio in tutte le sue espressioni.

Se volessimo sintetizzare i gesti più importanti che un insegnante deve imparare a valutare secondo la Didattica del Gesto , quali sono?

               

                Sicuramente un insegnante non deve mancare di osservare se ci sono anomalie per l’età

nella manipolazione ;

nel modo di indicare isolando il dito indice;

nella prensione;

nel lancio  della palla;

nella presa della palla;

nei movimenti  del capo nell’atto della prensione;

nei movimenti del capo e del busto nell’atto della scrittura;

nei movimenti  della masticazione.

Nel caso in cui annota dei disordini, deve programmare  nel corso della giornata scolastica delle sessioni di pochi minuti, ma ripetute più volte,  di stimolazioni  tattili( discriminazione di superfici, temperature, vibrazioni, stimoli profondi ecc..) in combinazione con attività motorie( ad esempio, guarda e tocca gli  oggetti, puntare all’interno di figure geometriche ecc).In questo modo puo’ aiutare quel bambino a recuperare un processo cross-modale più efficiente, non va, però, mai dimenticato  che il lavoro dell’insegnante deve essere coadiuvato da un intervento riabilitativo costante, con un coinvolgimento della famiglia e di più figure professionali.

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