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Il piccolo principe, la volpe e la neuroriabilitazione

Parte introduttiva della relazione del dottor Parisi Antonio tenutasi durante la giornata di studio sull’autismo svoltasi a Milano 16 marzo 2018.

 

“Il piccolo principe” (capitolo XXI)

In quel momento apparve la volpe.
“Buon giorno”, disse la volpe.
“Buon giorno”, rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno.
“Sono qui”, disse la voce, “sotto al melo…”
“Chi sei?” domandò il piccolo principe, “sei molto carino…”
“Sono una volpe”, disse la volpe.
“Vieni a giocare con me”, le propose il piccolo principe, sono così triste…”
“Non posso giocare con te”, disse la volpe, “non sono addomestica”.
“Ah! scusa”, fece il piccolo principe.
Ma dopo un momento di riflessione soggiunse:
“Che cosa vuol dire <addomesticare>?”
“Non sei di queste parti, tu”, disse la volpe, “che cosa cerchi?”
“Cerco gli uomini”, disse il piccolo principe.
“Che cosa vuol dire <addomesticare>?”
“Gli uomini” disse la volpe, “hanno dei fucili e cacciano. È molto noioso! Allevano anche delle galline. È il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?”
“No”, disse il piccolo principe. “Cerco degli amici. Che cosa vuol dire “<addomesticare>?”
“È una cosa da molto dimenticata. Vuol dire <creare dei legami>…”
“Creare dei legami?”
“Certo”, disse la volpe. “Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”.  […]

La volpe tacque e guardò a lungo il piccolo principe:
“Per favore… addomesticami”, disse.
“Volentieri”, disse il piccolo principe, “ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire degli amici, e da conoscere molte cose”.
“Non ci conoscono che le cose che si addomesticano”, disse la volpe. “Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici. Se tu vuoi un amico addomesticami!”
“Che cosa bisogna fare?” domandò il piccolo principe.
“Bisogna essere molto pazienti”, rispose la volpe. “In principio tu ti sederai un pò lontano da me, così, nell’erba. Io ti guarderò con la coda dell’occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un pò più vicino…”
Il piccolo principe ritornò l’indomani.
“Sarebbe stato meglio ritornare alla stessa ora”, disse la volpe.
“Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell’ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti”.
“Che cos’è un rito?” disse il piccolo principe.
“Anche questa è una cosa da tempo dimenticata”, disse la volpe. “È quello che fa un giorno diverso dagli altri giorni, un’ora dalle altre ore. C’è un rito, per esempio, presso i miei cacciatori. Il giovedi ballano con le ragazze del villaggio. Allora il giovedi è un giorno meraviglioso! Io mi spingo sino alla vigna. Se i cacciatori ballassero in un giorno qualsiasi, i giorni si assomiglierebbero tutti, e non avrei mai vacanza”.
Così il piccolo principe addomesticò la volpe.
E quando l’ora della partenza fu vicina:
“Ah!” disse la volpe, “… piangerò”.
“La colpa è tua”, disse il piccolo principe, “io, non ti volevo far del male, ma tu hai voluto che ti addomesticassi…”
“È vero”, disse la volpe.
“Ma piangerai!” disse il piccolo principe.
“È certo”, disse la volpe.
“Ma allora che ci guadagni?” […]

“Gli uomini hanno dimenticato questa verità. Ma tu non la devi dimenticare. Tu diventi responsabile per sempre di quello che hai addomesticato. […]”.

 

“….non posso giocare con te, non sono addomesticata….”. Il termine addomesticare, anche se a molti non piace, assume il significato di “rendimi familiare” ovvero “leghiamoci”, affinchè avremo bisogno l’uno dell’altro. In questi termini ogni percorso educativo rappresenta un addomesticamento. Pertanto, giudicare gli approcci educativi/abilitativi, uniche strategie capaci di prendersi cura delle problematiche comportamentali non a livello sintomatico e, dunque, farmacologico, in base al fatto che rappresentano un puro condizionamento o meno, è fuori posto e privo di fondamento. La differenza tra un approccio sensori-motorio ed un approccio cognitivo/comportamentale non stà nel ritenere una tecnica nobile ed un’altra umile, in quanto una riabilita ed un’altra addestra. La differenza stà nei “riti”, ovvero nell’esercizio terapeutico prescritto. Quando un disordine del neurosviluppo si è già manifestato clinicamente nei primi ventiquattro mesi di vita il “rito” non può che essere rappresentato da una serie di stimolazioni sensori-motorie, coerenti con il disordine del connettoma.

1 commento a Il piccolo principe, la volpe e la neuroriabilitazione

  • Paola Trivulzio

    Decisamente compresso.
    La spiegazione dal vivo era più chiara…affettiva

    Rispondi

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