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Sonno e sogni

Abbiamo bisogno di mangiare e di non essere mangiati.

Inoltre, abbiamo bisogno di mantenere la nostra temperatura interna entro un intervallo stretto, con escursioni massime non superiori a 0,8 °C nell’arco delle ventiquattro ore.

In effetti, quali uomini del terzio millennio, avvertiamo come innocua la minaccia di essere preda (se non da altri uomini), ma pensiamo alle minacce di infezioni che, come la termoregolazione, necessitano di non essere deprivati del sonno.

In studi di laboratorio si è visto come, nei ratti privati del sonno compaiono ben presto (prima settimana) tendenze alle lesioni cutanee. Dopo poco, i ratti andranno sempre nell’angolo più caldo della loro gabbia (ricerca del calore). Successivamente, nonostante mangino continuamente, perderanno peso (il valore calorico degli alimenti si riduce, al fine di dirottare le risorse energetiche dell’animale al mantenimento della temperatura corporea). Insomma, viene meno la capacità di termoregolazione, che sta alla base dell’adattamento nei mammiferi. Una settimana dopo, i ratti deprivati del sonno, muoiono poichè non sono più in grado di difendersi dalle infezioni. Vengono invasi da batteri provenienti dal loro stesso intestino.

Le neuroscienze attuali spiegano il fatto che il sonno ci difende da tali esiti fatali con la deduzione che, il cambiamento dello stato cerebrale (veglia/sonno), con tutte le sue trasformazioni CHIMICHE ed ELETTRICHE, ci mantiene in salute.

Da alcune di queste trasformazioni elettrochimiche (attività cerebrale durante il sonno) dipendono anche i SOGNI.

Appare ovvio, che per le moderne neuroscienze, siccome è l’attivazione cerebrale in sonno a farci sognare, l’obiettivo scientifico sta nel definire e misurare tale attività, piuttosto che nel prestare attenzione alle singole storie ed agli scenari specifici.

In altri termini, possiamo dire che, le neuroscienze moderne non si chiedono come interpretare i sogni, bensì, quali sono le caratteristiche elettrochimiche che distinguono le attività mentali proprie del sogno da quelle che caratterizzano lo stato di veglia.

Per le neuroscienze attuali, il sognare viene definito come attività mentale che si svolge durante il sonno. Tale attività  (psicostato) proviene da qualcosa che modifica l’intera modalità di funzionamento del cervello (neurostato). Tale cambiamento dipende da fattori chimici e dalla disattivazione cerebrale selettiva, con la conseguenza che, nello stato di sogno (rispetto allo stato di veglia) talune funzioni mentali vengono aumentate, mentre altre vengono ridotte.

Da indagini di laboratorio sappiamo che, tutti sognano durante il sonno. Le impressioni che ciò non avvenga sono riconducibili alla difficoltà di ricordarli. Se il sogno non dovesse essere interrotto dal risveglio, il suo ricordo sarebbe raro.

Pertanto, l’assenza o la carenza del ricordo onirico dipende dalla soppressione della memoria durante le fasi del sonno nelle quali si attivano i sogni.I sistemi chimici deputati alla memoria recente sono completamente spenti quando il cervello è attivato durante il sonno, pertanto, è difficile ricordarli, a meno che non vi sia un risveglio che rende disponibili al cervello alcune sostanze chimiche (serotonina e noradrenalina).

Per le moderne neuroscienze, le caratteristiche interessanti dei sogni sono: la perdita dell’autoriflessività, la perdita del pensiero orientato, la perdita di stabilità dell’ambiente circostante, la riduzione del ragionamento logico e la scarsità di ricordi, sia durante che dopo. Il compito del ricercatore è quello di definire i cambiamenti chimici ed elettrici nel cervello tali da sostenere tati caratteristiche, che non rappresentano alcuna difesa psicologica verso un desiderio inconscio inacettabile.

Quello che il ricercatore moderno deve ricercare e verificare è l’attivazione selettiva dei circuiti limbici e delle cortecce sensori-motorie ( dispercezioni, specie visive; alto contenuto emotivo) oltre che l’inattivazione selettiva dei circuiti cerebrali e dei neurotrasmettitori che sottendono la memoria, oltre che l’autoriflessione o il ragionamento logico.

Una vera rivoluzione rispetto all’idea che i sogni contengano messaggi non trasmettibili in nessun altro modo. Idea che ha affascinato l’umanità sin dall’alba della storia.

Nella tradizione ebraico-cristiana si riteneva che Dio comunicasse le sue intenzioni al proprio popolo attraverso i profeti, utilizzando i sogni.

All’inizio del Novecento il più celebre studioso dei sogni è stato Sigmund Freud. Egli riteneva che i sogni celassero significati elaborati e relegati in una parte della mente, e che l’inconscio si sforzasse di superare i meccanismi di difesa messi in atto dalla coscienza. Si definì “sommo sacerdote”, ovvero capace di rivelare ( grazie alle sue competenze psicologiche) al paziente cose su sè stesso, che questi non sarebbe stato in grado di conoscere in altro modo.

Freud abbracciò l’idea dell’attore nascosto con la sua credenza di una mente inconscia che fosse in costante competizione con la coscienza.

Nel prossimo articolo tratteremo l’argomento sonno e sogni tentando di conoscere le sostanze chimiche (neuromodulatori) che ci consentono di passare dalla veglia al sonno, i neuromodulatori che regolano quelle caratteristiche elettrochimiche che ci fanno sognare, i circuiti cerebrali che devono iperattivarsi e quelli che devono inibirsi affinchè sogniamo. A questo punto, al fine del blog “autismo fuori dagli schemi” penso che sia doverosa una considerazione.

Nel 1953 Watson e Crick pubblicarono il modello a doppia elica del DNA aprendo le porte ad una rivoluzione che, dopo sessantacinque anni, ha consentito di conquistare tantissime conoscenze, tali da farci affermare che viviamo nell’era della biologia molecolare.

Dieci anni prima, Leo Kanner aveva definito l’autismo come una problematica della relazione e del comportamento. Ad oggi, la psicologia cognitiva, per tale condizione clinica (autismo), non è entrata ancora nell’era della fisiologia.

Eppure, anche la scienza del sonno e del sogno si è avvicinata alla biologia molecolare in termini di metodi, oltre che di concetti.

Quello che è stato il più rappresentativo baluardo della psicanalisi: l’interpretazione dei sogni, ha subito un radicale cambiamento di paradigma, ovvero un rapido stravolgimento di uno schema teorico. Oggi non suscita alcun interesse scientifico il chiedersi come interpretare i sogni, bensì il domandarsi quali caratteristiche cerebrali distinguono la mente che sogna da quella in stato di veglia?

La scienza dei sogni ha applicato l’isomorfismo cervello-mente (a qualsiasi forma di attività mentale o psicostato è associata una forma di attività cerebrale o neurostato). Se rileviamo una forma onirica si può ricercare una forma cerebrale corrispondente.

Quanto tempo occorre ancora affinchè, anche la scienza del comportamento applica questo cambiamento di prospettiva?

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