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La biologia ci insegna che l’autismo non è una problematica primaria della plasticità, dell’apprendimento, del comportamento

Nel penultimo articolo del blog (13 settembre scorso) ho precisato che è necessario conoscere il cervello umano strutturalmente e funzionalmente per poter comprendere la clinica dell’autismo (“comportamenti bizzarri”, assenza o ritardo dello sviluppo del linguaggio, stereotipie).

Pertanto, solo attraverso lo studio dell’anatomia e della fisiologia del Sistema Nervoso è possibile gettare le basi per la conoscenza della fisiopatologia dell’autismo. Il tutto in perfetta coerenza con le indicazioni delle neuroscienze attuali, secondo le quali possiamo migliorare le nostre conoscenze sul comportamento umano solo attraverso la biologia.

Per questo motivo, negli ultimi due articoli del blog, ho affrontato alcune tematiche in termini esclusivamente biologici:

-NEUROPLASTICITA’: capacità del cervello di modificare la propria struttura in risposta agli stimoli sensori-motori o esperienza. Tale capacità del Sistema Nervoso è, in ultima analisi, secondaria alla proprietà dei cervelli di modificare, dapprima l’intensità, successivamente la forma e la quantità, delle relazioni tra neuroni o sinapsi. E’ grazie alla neuroplasticità che il nostro cervello, sottoposto a stimolazioni sensorimotorie, instaura nuove sinapsi e ne elimina altre. La biologia ci ha fatto comprendere che la neuroplasticità è garantita dalle proprietà del citoscheletro delle cellule nervose, che riescono, per l’appunto, a modificare le proprie membrane citoplasmatiche e, dunque, i propri “contatti” in relazione alle stimolazioni ricevute.

-APPRENDIMENTO: proprietà posseduta dagli organismi viventi di acquisire nuove conoscenze e/o di modificare le conoscenze in relazione agli stimoli che lo determinano. Grazie ad una serie di proprietà biologiche specifiche quali, l’adattabilità, la sensibilizzazione, la desensibilizzazione, il condizionamento classico, il condizionamento strumentale, il potenziamento a lungo termine, gli organismi viventi apprendono, ovvero manifestano la capacità di mutare la risposta verso l’ambiente in cui vivono.

-COMPORTAMENTO: modo di “condursi” dell’organismo vivente rispetto all’ambiente in cui si trova. Possiamo anche definirlo come la risposta di un organismo messo in relazione con oggetti o altri organismi, ovvero con l’ambiente.

Definiti questi fenomeni (neuroplasticità, apprendimento e comportamento), è necessaria una prima riflessione scientifica: mentre la plasticità e l’apprendimento sono PROPRIETA’ dei sistemi biologici, e nello specifico dei Sistemi Nervosi, e come tali devono essere studiati, il comportamento non rappresenta una proprietà biologica bensì un PROCESSO biologico e come tale deve essere compreso.

Questo significa che il comportamento non ha capacità “generative”, infatti, abbiamo visto che esso è generato dalla neuroplasticità e dall’apprendimento (e da un’altra proprieta biologica dei Sistemi Nervosi).

Dunque, in nessun caso possiamo trovarci di fronte ad una problematica clinica comportamentale PRIMARIA, cioè ascrivibile ad un’anomalia del comportamento che non abbia interessato dapprima altre componenti quali la plasticità, l’apprendimento e, tra poco vedremo, cos’altro.

Questo significa che i problemi del comportamento non possono essere compresi, nè affrontati, senza conoscere le leggi biologiche dell’apprendimento (abituazione o adattabilità, sensibilizzazione, desensibilizzazione, condizionamento classico, strumentale, potenziamento a lungo termine o LPT) e la neuroplasticità (oltre ad un’altra proprietà dei sistemi nervosi complessi che tratterò tra poco).

Da clinico neurologo quale sono mi diventa abitudinario fare le diagnosi differenziali.

Le problematiche comportamentali del bambino con disturbo dello spettro autistico non possono essere secondarie, nè a disordine della neuroplasticità (alcune forme di demenze), nè dell’apprendimento (per l’età di insorgenza, per la complessità del quadro clinico, per l’invarianza dei sintomi in relazione al contesto).

Quale PROPRIETA’ BIOLOGICA del Sistema Nervoso sta, dunque, alla base dell’autismo?

Come già accennato in precedenti articoli la biologia evolutiva deve rappresentare il nostro faro.

A mano a mano che i Sistemi Nervosi divenivano complessi la loro organizzazione si modificava.

In origine le cellule nervose erano sparse nell’organismo. Successivamente si raggrupparono in gangli. Poi si localizzarono all’interno del canale vertebrale e del cranio. Da una disposizione modulare si passo ad un’organizzazione mista (moduli in pofondità, reti nelle parti evolutivamente recenti).

Studiare il neurosviluppo significa seguire, passo dopo passo, il “collegamento” tra le varie aree cerebrali comparse in epoche filogenetiche differenti.

Questo lo si fà osservano il cucciolo d’uomo mentre ciuccia (il tono muscolare),mentre comincia a seguire un oggetto in movimento, quando comincia a mantenere la testina e poi a strisciare, a gattonare, a produrre lallazione e poi parole, a condividere lo sguardo, ad indicare, a manipolare il mondo e così via.

E’ in questa storia che il bambino autistico manifesterà delle INDIVIDUALITA’ spiccate.

Il bambino autistico non ha un problema di plasticità o di apprendimento (utilizzeremo queste intatte proprietà biologiche per curarlo).

Egli ha un problema di NEUROSVILUPPO, ovvero “di come si è strutturata la rete collegante i suoi neuroni”. Da questa anomalia strutturale dipenderà quella funzionale (disordine nella selezione delle informazioni sensorimotorie) e, dunque, la clinica.

E’ da questa sua disorganizzazione neurologica che si GENERA il suo COMPORTAMENTO ANOMALO.

E’ attraverso la riorganizzazione del suo cervello (utilizzando l’apprendimento sensorimotorio e la neuroplasticità) che possiamo prenderci cura di lui.

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