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Phineas Gage e l’autismo; i lobi frontali e le cortecce somatosensoriali

A metà degli anni novanta del secolo scorso (1994), il neuroscienziato Antonio Damasio, con la pubblicazione del suo libro:” L’errore di Cartesio”, dà inizio allo studio neurobiologico dei lobi frontali in termini moderni.

Inoltre,  la sua pubblicazione indica come, un qualcosa vicino all’anima umana (fattore etico), o legato alla nostra cultura ed educazione (contatto sociale), possa dipendere dall’ORGANIZZAZIONE NEUROLOGICA e, dunque, essere oggetto di studio da parte delle scienze biologiche.

Partiamo dal caso di Phineas Gage, il caposquadra di un’impresa di costruzione che aveva riportato centocinquanta anni prima un danno sul lavoro, così descrtitto da Damasio nel suo libro (Errore di Cartesio): “ La barra metallica fora la base della scatola cranica, attraversa la parte frontale del cervello ed esce, velocissima, dalla sommità della testa, per andare a cadere, impiastricciata di sangue e di tessuto cerebrale, ad una trentina di metri di distanza. Phineas Gage è stato scagliato a terra e giace stordito, nel chiarore del pomeriggio; muto ma sveglio…..Phineas Gage sarà dichiarato guarito nel giro di meno di due mesi. Tuttavia quest’esito stupefacente impallidisce al confronto con la straordinaria svolta che la sua personalità sta per subire. Il suo carattere, i suoi gusti, i suoi sogni, le sue aspirazioni:  cambieranno. Il corpo di Gage può essere ben vivo e vegeto, ma c’è un nuovo spirito che lo anima……Phineas aveva perduto la vista all’occhio sinistro, ma con il destro  vedeva perfettamente. Camminava con passo fermo, usava le mani con destrezza e non mostrava impaccio nella parola o nel linguaggio. E tuttavia, l’equilibrio tra la sua facoltà intelletiva e le sue DISPOSIZIONI animali era stato distrutto. Superata la fase acuta della lesione cerebrale egli si mostrò bizzarro, insolente, capace a volte delle più grossolane imprecazioni, poco riguardoso nei confronti dei compagni, a volte tenacemente ostinato, capriccioso, sempre pronto ad elaborare programmi di attività future che abbandonava subito dopo averle delineate”.

IL PROBLEMA ERA IL SUO NUOVO CARATTERE.

La storia di Phineas (1848), a distanza di tempo, ci indica che nel cervello umano ci sono sistemi biologici (circuiti neuronali) deputati al “ragionamento” ed in particolare alle dimensioni personali e sociali del “ragionamento”.

Infatti, un danno al cervello di Phineas aveva comportato la fine dell’osservanza di regole etiche e convenzioni sociali ACQUISITE in precedenza, anche quando motricità e linguaggio non sembravano minimamente compromessi.

In altri termini possiamo affermare che, nel nostro cervello devono necessariamente esserci circuiti che specificano il nostro modo di “essere umani”, ovvero la nostra capacità di anticipare il futuro e di pianificarlo in accordo con tale anticipazione, all’interno di un ambiente sociale estremamente complesso.

Ancora, possiamo dire che, nel nostro cervello vi sono circuiti neuronali deputati al mantenimento di quel senso di responsabilità, sia verso se stessi o verso la propria sopravvivenza, sia verso gli altri o il loro benessere.

Appare molto evidente  perchè queste osservazioni, insieme alla mole di ricerche effettuate su pazienti in cui veniva praticata la lobotomia o la leucotomia prefrontale ai fini terapeutici qualche decennio prima ed accompagnate dalla contemporanea pubblicazione sui neuroni specchio da parte del gruppo di ricerca del neuroscienziato Rizzolatti, aprissero una serena discussione scientifica sul ruolo primario dei lobi frontali nella GENESI dei disturbi dello spettro autistico.

Infatti, nel corredo sintomatologico dello spettro autistico, è frequente riscontrare un comportamento “bizzarro”, talvolta apparentemente poco rispettoso dell’altro (sia nel rispetto delle attese che delle file e dei giocattoli non propri), a tratti ostinato e capriccioso, con marcati deficit della concentrazione, ovvero nell’abbandonare subito le attività ludiche e/o didattiche proposte, senza voler, inoltre, trascurare alcune decisioni “etiche” (denudarsi o toccarsi in pubblico, posture ambigue come stare seduti a gambe aperte, ecc.).

Attraverso il blog “Autismo fuori dagli schemi”, voglio fare una serena riflessione scientifica su alcuni punti di queste ricerche.

Per comprendere fino in fondo l’importanza grandiosa dei lobi frontali, e per non mortificare il sapere scientifico, è necessario avere chiaro il concetto, definitivamente chiarito dalle neuroscienze attuali, che il cervello è un supercircuito di circuiti.

Ognuno di questi è composto da una elaborata interconnessione tra regioni corticali e tra queste ed i nuclei subcorticali, tutti fatti da neuroni, i quali sono tutti interconnessi mediante sinapsi.

Inoltre, qualsiasi cosa i neuroni facciano dipende esclusivamente dal gruppo di neuroni che li circonda e di cui fanno parte; che qualsiasi cosa i circuiti facciano dipende dal modo in cui i circuiti influenzano altri circuiti, in un’architettura di gruppi interconnessi; che qualsiasi contributo di alcun gruppo di neuroni alla funzione del circuito appartenente dipende dal posto che occupa all’interno del sistema.

Pertanto, nel nostro contesto storico (2018) le conoscenze scientifiche ci fanno sostenere che: “nel nostro cervello non vi è alcun centro per la visione o per il linguaggio e, dunque, per la ragione o per il comportamento sociale”.

Dunque non c’è il centro che “rompendosi” provocherebbe l’autismo.

Nel nostro cervello vi sono circuiti formati da unità cerebrali interconnesse.

Il risultato dell’attività di ciascuno di questi componenti separati, e dell’attività sincronizzata dei circuiti multipli (costituiti da quelli separati), è la MENTE.

Nel libro” L’errore di Cartesio”, Damasio fa riferimento ad una bizzarra condizione clinica, l’ANOSOGNOSIA, per tracciare le mappe neuronali che, una volta organizzatesi, ci condurranno ad apprendere il senso del sè, quello dell’altro, ed il modo di stare insieme.

Questo significa che le nostre capacità relazionali sono state apprese nel corso dello sviluppo ontogenetico, a mano a mano che si ottimizzava il processo di ORGANIZZAZIONE NEUROLOGICA.

Questa è la differenza clinica importantissima!

Phineas Gage quando subisce il trauma ha venticinque anni. I suoi circuiti neuronali, sottoposti alla selezione esperienziale della vita, avevano garantito un corretto apprendimento sociale, deputando i lobi frontali di Gage a “condizionare” le sue decisioni. Il trauma accidentale riportato romperà l’equilibrio.

Nei bambini con disturbo dello spettro autistico le anomalie caratteriali e del comportamento sono già manifeste nei primi 24 mesi di vita (epoca in cui i neuroni prefrontali sono discollegati dai restanti circuiti).

Questo significa che il processo di disorganizzazione neurologica, manifesto in quel bambino, è intervenuto PRIMARIAMENTE in un’altra circuiteria neuronale (elemento di primaria importanza per la terapia).

Non è certo un caso che Damasio individua nella corteccia somatosensoriale (specie destra) e nel sistema limbico (specie amigdale) le aree da cui trarranno informazioni privilegiate i lobi prefrontali (specie ventro-mediale) per accaparrarsi la funzione di condizionare il nostro modo di relazionarci.

Nel bambino con disturbo dello spettro autistico la disorganizzazione delle aree somatosensoriali precede quella dei lobi frontali.

Le difficoltà nel toccare e nel farsi toccare, nel percepire le temperature e/o il dolore, le disprassie, precederanno le anomale condotte sociali.

Nessuno potrà migliorare la socialità baipassando le regole biologiche.

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