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Imparare ad imparare

Quando nel 1992 incontrai per la prima volta il dottor Carl H. Delacato, sua moglie Janice e suo figlio David, nacque in me, immediatamente, la voglia di comprendere quali segreti biologici venivano celati dai “comportamenti bizzarri” dei bambini autistici. Fu questo il motivo per il quale, l’amico Sergio Martone, mi consigliò la lettura di alcuni autori (Edelman, Kandel, Changeux, Calissano), tutti ispirati dai principi della biologia evolutiva.

Leggere le teorie e gli studi di questi scienziati non solo fece nascere in me una vera “dipendenza dal sapere”, ma modificò anche il mio approccio verso il primo quesito filosofico: “Conosci te stesso”.

Compresi che solo per i teologi e per pochi filosofi, oltre che per nostalgici analisti, poteva ancora essere sufficiente fare pratica di introspezione.

Era necessario conoscere bene i meccanismi neuronali che generano le nostre azioni e, dunque, i nostri pensieri.

Bisognava partire dall’ anatomia e dalla fisiologia del Sistema Nervoso, oltre che, dal principio che l’EVOLUZIONE HA INVENTATO L’ APPRENDIMENTO.

Ad oggi, la maggioranza dei ricercatori concordano sul fatto che il precablaggio completo del cervello umano non è, nè possibile, nè utile.

Infatti, se il nostro codice genetico o DNA dovesse specificare tutti i particolari delle nostre conoscenze e competenze si mostrerebbe insufficiente per quantità di spazio necessaria per realizzare tale opera.

Per questo motivo, il nostro DNA, inizialmente confinato nell’ovulo fecondato, partendo da una somma di informazioni ereditate da milioni di anni di evoluzione, comincia ad organizzare l’insieme che è il corpo, lasciando che l’apprendimento prosegua l’opera (epigenetica), in special modo per il cervello.

Come accennato, questa soluzione si è rivelata molto utile, poichè, per la sopravvivenza, risulta essere un grande vantaggio ADATTARSI alle condizioni specifiche nelle quali si nasce.

Anche gemelli monozigoti potrebbero non crescere nello stesso ambiente, manifestando l’interesse ad adattarsi velocemente a condizioni ambientali imprevedibili.

Pertanto, senza alcun dubbio, possiamo affermare che l’evoluzione, nel corso della filogenesi, ha selezionato l’utilità di lasciare alcuni parametri dell’organismo liberi di modificarsi per meglio adattare l’organismo ai cambiamenti ambientali.

In altri termini possiamo affermare che, l’evoluzione ha selezionato quali circuiti dovevano essere precablati (innato). Per questo, il cucciolo d’uomo, nonostante la sua immaturità, possiede già un vasto repertorio di conoscenze, anche quando non traspaiono dal suo comportamento. Inoltre, possiede circuiti che devono essere organizzati dall’ambiente (apprendimento o capacità di inserire nuove conoscenze all’interno di una rete esistente).

L’innato e l’appreso sin dalla fecondazione si combinano, contribuendo così alla genesi di un sistema STRUTTURATO ma PLASTICO, capace, in quanto sistema vivente, di autoripararsi o RIADATTARSI in caso di danno cerebrale. Oppure, di riciclare i propri circuiti per inventare nuove abilità.

Ricapitolando, nel corso dello sviluppo ontogenetico, il DNA determina il realizzarsi di un’architettura generale del cervello umano che faciliterà ed velocizzerà l’apprendimento successivo.

Per le neuroscienze del terzo millennio non è pensabile di poter scindere l’innato dall’appreso, come sarebbe impossibile scindere l’ontogenesi dalla filogenesi.

Per la biologia evolutiva, gli esseri umani hanno interiorizzato nel loro DNA la conoscenza delle generazioni ancestrali che li precedettero. Questa conoscenza innata è espressa attraverso una rete neuronale che fornisce al cucciolo d’uomo dei preconcetti che, a loro volta, faciliteranno gli apprendimenti.

Fin dai primi mesi di vita, il cervello dei cuccioli d’uomo conosce che il mondo è fatto di oggetti solidi che si spostano solo quando sono spinti da qualcosa, che non si compenetrano, oltre che di persone, ovvero di agenti che parlano, si muovono da soli, a secondo delle loro intenzioni o credenze.

Cioè, in pochissimo tempo conosciamo che il mondo è fatto di oggetti che occupano spazio, che non possono scomparire senza motivo, che non possono essercene due nello stesso posto (per questo motivo i cuccioli d’uomo mostrano una predilezione per quegli oggetti, “ercolino sempre in piedi”o palloncini, che violano le leggi della fisica).

Possiamo intuire che, essendo queste leggi sempre vere, a prescindere dal luogo popolato dagli uomini, il genoma umano codifica, a prescindere dall’esperienza, una logica intuitiva.

In altri termini, possiamo affermare che veniamo al mondo con la capacità di conoscere, velocemente, la differenza tra le persone e gli oggetti, non perchè le impariamo in poche settimane, ma perchè il cervello è il prodotto di un’evoluzione durata milioni di anni.

Allo stesso tempo, la straordinaria capacità di apprendimento della nostra specie, ci ha consentito di abbandonare, in poche migliaia di anni, la savana, di attraversare deserti, di scalare montagne, di navigare oceani, di conquistare luoghi lontani e grotte profonde, oltre che, la luna.

Inoltre, ci ha fornito la consapevolezza che l’educazione potesse diventare il principale acceleratore dello sviluppo cerebrale, facendoci investire, grazie ad un’istituzione: la scuola, nel progetto di incrementare questa capacità umana di imparare.

Nessun altro animale investe tempo per insegnare competenze nuove ai propri cuccioli, prestando molte attenzioni alle loro difficoltà ed ai loro errori.

Abbiamo intuito che bisognava approfittare di questa esuberante plasticità del cervello infante per fornire competenze ed informazioni ancor prima che, le neuroscienze, stabilissero che “imparare significava eliminare”.

Abbiamo meditato e riflettuto per secoli sul come potesse fare il nostro cervello, che è composto da un numero finito di neuroni (100 miliardi), a concettualizzare l’infinito?

Le neuroscienze ci hanno fatto conoscere che, nel nostro cervello, nessun modulo può rappresentare la conoscenza che “ogni numero ha un successore”.

E’ l’organizzazione del nostro cervello, dipendente dall’innato e dall’appreso, a garantirci di poter contare fino all’infinito.

Il compito dello scienziato e del blog “autismo fuori dagli schemi”, oggi, è anche quello di contribuire ad aumentare la diffusione di tutte quelle conoscenze affinchè ogni educatore (genitore, insegnante) possa trarre le giuste conseguenze ed adattare il proprio modo di far imparare.

 

 

 

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