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IO, NOI, ontogenesi della relazione umana (tipica ed atipica) Giorno 4

la rivoluzione del nono mese

 

 

Nell’articolo precedente ho concluso tracciando gli obiettivi della psicologia dello sviluppo: i profili di neurosviluppo e le esperienze necessarie per acquisire le abilità.

Prima di soffermarmi su questi aspetti voglio ricordare che le grandi scimmie e altre specie animali prendono il mondo per come appare a loro (soggettivo), senza confrontarlo con niente altro (oggettivo).

Non abbiamo dubbi in merito al fatto che le grandi scimmie sanno immaginare che cosa un altro individuo sta provando o ha provato, ma non lo confrontano con ciò che loro, o chiunque altro, stanno o hanno provato, e meno ancora con una prospettiva oggettiva.

In altri termini, spiegherò meglio questo concetto più avanti, possiamo dire che nei loro cervelli è carente quella integrazione neuronale che porta alla distinzione tra il soggettivo e l’oggettivo.

Nessun uomo è pervenuto alla distinzione tra il soggettivo e l’oggettivo grazie ad una geniale intuizione che gli ha consentito di comparare il suo passato con la sua esperienza presente. Nè, tantomeno, perchè ha inventato una teoria che prevedeva di simulare l’esperienza dell’altro.

Siamo arrivati a cogliere la distinzione tra il soggettivo e l’oggettivo perchè i nostri neurostati (li definiremo in seguito) hanno garantito una triangolazione: vediamo entrambi quell’oggetto, ma TU lo vedi dalla tua prospettiva, IO dalla mia.

Ci siamo arrivati perchè, nel corso del neurosviluppo, i nostri circuiti neuronali si organizzano in un modo così complesso da garantire (psicostato) che NOI due stiamo condividendo l’attenzione proprio sullo stesso oggetto, ma nello stesso tempo ciascuno di NOI ha una SUA prospettiva su di esso.

Questo argomento è molto interessante per chi, come me, è ossessivamente impegnato nel tentativo di definire i neurostati atipici per meglio comprendere la genesi dei comportamenti anomali, in special modo in età evolutiva.

Per chi volesse iniziare questo percorso, Il consiglio che posso dare è quello di partire sempre da una corretta anamnesi ed un accurata osservazione (psicologia dello sviluppo) facendo poi ricorso all’anatomia e fisiologia del sistema nervoso per l’interpretazione dei dati rilevati.

E’ a questa procedura che affidiamo la nostra ricerca.

Tomasello definisce questo psicostato (NOI) con il termine di “struttura di duplice livello dell’intenzionalità condivisa”.

La psicologia dello sviluppo ci dice che solo dai nove-dieci mesi in poi i cuccioli d’uomo inizieranno a coinvolgere gli altri in questo genere di duplice livello, per completarlo verso i tre anni.

Siccome l’autismo, per definizione, è una patologia che coinvolge la sfera relazionale ed insorge tra il 12° ed il 18° mese di vita (nella stragrande maggioranza dei casi), e mai dopo i tre anni, l’argomento non può non essere interessante (spero lo sia anche il modo in cui ve lo sto presentando).

La prima domanda da porci è: se dovessimo osservare un cucciolo d’uomo con neurosviluppo tipico intorno ai nove-dieci mesi di vita cosa dovrebbe immediatamente colpirci?

Se sta iniziando a gattonare!

Tra tutte le abilità che inesorabilmente si modificano con il carponi (la prima che mi viene in mente è la forza che deve fare quel cucciolo sul polso per spostarsi) qual è quella primaria per lo sviluppo della relazione (condividere le attenzioni)?

Lo sguardo!

Mettersi a carponi significa soprattutto passare ad una visione del mondo binoculare.

Lo vedremo nell’articolo di domani.

P.S.

C’è un dato che mi ha particolarmente colpito in questa pandemia da Covid-19.

Il rapporto tra maschi e femmine colpite da grave distress respiratorio dopo essersi infettati è di 3 ad 1.

Lo stesso osservato per i disordini dello spettro autistico, dato per il quale è stata ancor di più tirata in ballo la genetica.

E’ possibile che, se predisposizione deve esserci specificata dal sesso, questa sia di interesse immunitario?

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