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IO, NOI, ontogenesi della relazione umana (tipica ed atipica). Giorno 7

Svelare il segreto

 

Quello che sto sostenendo con forza è che, ciò che fanno i cuccioli d’uomo dipende dalle loro abilità cognitive e sociali. Queste, a loro volta, rappresentano il particolare momento del neurosviluppo.

Una grande scimmia, a prescindere dalle sue esperienze e dal suo neurosviluppo, può imparare a calciare una palla in una rete, ma non può comprendere le regole che costituiscono il gioco del calcio in quanto non ha la capacità di capire qualcosa che dipende da accordi convenzionali (cultura).

I cuccioli d’uomo fino ai tre anni manifestano lo stesso limite delle grandi scimmie.

Infatti, solamente dopo i tre anni cominciano a manifestare le capacità per capire i giochi con regole basate sull’intenzionalità collettiva e, dunque, il loro neurosviluppo è pronto per fare le esperienze necessarie. Questo significa che un bambino autistico, che non riesce nel gioco del calcio o in qualunque altro gioco di squadra, non fallisce perchè la sua difficoltà primaria sta nella capacità di apprendere le regole di intenzionalità collettiva, ma, fallisce per l’asincronizzazione dei suoi circuiti percettivi, visto che i sintomi del “suo autismo” erano presenti prima del compimento del terzo anno. Lo stesso vale per quei bimbi con autismo di 6 o più anni che, pur felici di giocare a nascondino, non sono bravi nel nascondere bene il proprio corpo.

Ieri ho scritto che, quando il cucciolo d’uomo inizia a gattonare (9 mesi) comincia per la prima volta anche a relazionarsi triadicamente (io, tu, situazione circostante oppure ciò che la psicologia dello sviluppo definisce terreno comune) e a dare vita ad una vera rivoluzione nella relazione e nella cognizione che si completerà verso i tre anni di età, epoca in cui i bambini cominceranno a sintonizzarsi su un terreno comune culturale.

Possiamo ricapitolare dicendo: 1) l’attenzione congiunta consente agli individui di coordinare le proprie attività in corso 2) il terreno comune personale consente una efficace ed efficiente comunicazione 3) il terreno culturale comune rappresenta la base delle pratiche culturali tradizionali basate sull’intenzionalità collettiva.

Perchè è necessario, specie per chi si occupa di AUTISMO, conoscere tutto questo?

Lo è almeno per due motivi:

1) In clinica non è pensabile di poter comprendere la patologia prescindendo dalla fisiologia. Questo significa che possiamo diagnosticare e curare “un’anomala capacità di relazionarsi” solo se conosciamo come normalmente “si sviluppa la capacità di relazionarsi”.

2) I bambini affetti da autismo storicamente ricevono la diagnosi ad un’età più avanzata rispetto all’esordio clinico (a tal proposito posso garantire che, rispetto a venti anni fa, quando la diagnosi non veniva mai fatta prima dei quattro anni, oggi viene formulata intorno al terzo anno di vita, anche se i primi sintomi sono evidenti, mediamente, intorno al primo anno di vita). Questo significa che, normalmente, l’attenzione del clinico si focalizza sui loro deficit nelle aree comunicative/relazionali e nel linguaggio. Ma, molte ricerche, e la mia esperienza clinica, documentano che anomalie di sviluppo erano manifeste già per i prerequisiti dell’attenzione congiunta (sguardo, mimica facciale, compreso il tono dei muscoli della lingua e della bocca). Di sicuro, i bambini piccoli con autismo hanno meno probabilità di avviare momenti di attenzione congiunta in modo comunicativo.

Nel 2020, visto i progressi delle neuroscienze e della psicologia dello sviluppo, sarebbe mala fede se dubitassimo del fatto che le grandi difficoltà in un’ampia serie di comportamenti sociali manifeste nei bambini autistici non fossero consequenziali alle loro difficoltà di inseguire lo sguardo e di comunicare (indicare, imitare, mimare).

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