Nell’ultimo articolo ho fatto riferimento ad un concetto che, nei prossimi mesi, troverà sempre più spazio nel mondo delle neuroscienze: “la memoria nel corpo”.
Ho pensato di trattarlo perché, come tutte le conquiste di conoscenze in ambito delle neuroscienze, risulterà utile per tutte quelle persone che intendono prendersi cura di cuccioli d’uomo che hanno ricevuto diagnosi di “disordine del neurosviluppo”.
Come abbiamo potuto leggere, la memoria del corpo abbraccia tutte le esperienze corporee (piacevoli o spiacevoli) che abbiamo archiviato in forma di ricordi e che non possono non influenzare il nostro comportamento.
Non provoco sorpresa in alcuno dicendo che si può ricordare bene “il primo bacio”, anche dopo una vita trascorsa, come anche una spiaggia oppure una montagna dove abbiamo vissuto “particolari momenti”.
Quello che abbiamo anche esperito è che il più delle volte siamo capaci di ricordare non solo singoli elementi ma intere sequenze, composte da elementi temporali, spaziali, oltre che emozionali (l’odore del partner, le farfalline nello stomaco, una particolare canzone), senza necessariamente dover ricorrere alla “volontà di ricordare”.
In un tempo recente (ultimo secolo), per spiegare tale nostra capacità, si “tirava in ballo l’inconscio”.
Oggi, le neuroscienze sono molto impegnate non solo nel tentativo di definire al meglio le basi biologiche delle nostre abilità cognitive (percepire, programmare, decidere, risolvere i problemi, ricordare, apprendere) ma anche di definire le basi biologiche di tutto quanto consentirà lo sviluppo di questi nostri atti cognitivi (inconscio).
Per definire al meglio l’inconscio, le neuroscienze moderne hanno abbandonato ogni “visione antropocentrica” e si sono affidate, da più di cinquant’anni, alla biologia evolutiva.
Il punto di partenza è stato l’aver definito il neurone o cellula nervosa una cellula comparsa circa 600 milioni di anni fa, nei primi animali pluricellulari, al fine di coordinare le cellule destinate al movimento, alla riproduzione e all’alimentazione, di questi organismi più complessi.
Con reti neuronali semplici, la Natura trovò la soluzione per coordinare i movimenti e gestire i riflessi, per adattarsi agli stimoli esterni (attività sensori-motoria,) negli organismi pluricellulari.
Sappiamo bene che, nel corso di questi 600 milioni di anni, gli organismi hanno subito radicali modifiche corporali. Anche i sistemi nervosi si sono modificati, soprattutto per l’enorme incremento del numero dei neuroni che sono andati a formare “reti associative” sempre più complesse (specie dopo che i neuroni si erano collegati tra loro per dar vita ad un organo non più distribuito nel corpo ma centrale ovvero il cervello).
Grazie a questa trasformazione strutturale (neuroni disposti in nuclei, collegati da reti di neuroni, il tutto raggruppato in un sistema centrale), si genera la possibilità di poter integrare svariate informazioni provenienti dall’ambiente (esterocezione) e dal proprio corpo (propriocezione ed enterocezione), con gli stati interiori (conoscenze precedenti, abitudini).
In altri termini, le modifiche strutturali dei sistemi nervosi si associano a modifiche organizzative dei loro sistemi nel corso di tutta l’evoluzione, al fine di garantire l’adattamento degli organismi complessi ai cambiamenti.
Si comprende bene che la cognizione non rappresenta altro che la parte apicale di un processo di sviluppo che deve garantire, ad ogni organismo, l’adattarsi per sopravvivere alle rispettive condizioni ambientali.
Le neuroscienze moderne, da anni impegnate nel definire la parti dei nostri cervelli maggiormente coinvolte nello sviluppo dei nostri apprendimenti e comportamenti fino allo sviluppo della nostra cognizione, non potranno più trascurare le memorie nel corpo.
Un ruolo importante nei nostri cervelli, così come in quello della signora Nenna, nella genesi delle memorie del corpo, è svolto dagli ippocampi.
Queste due aree simmetriche, situate nel profondo dei due emisferi cerebrali, associano stimolazioni sensoriali etero-modali (vista, udito, tatto, olfatto, gusto).
Ecco il motivo per cui ascoltando una canzone o semplicemente leggendo il titolo spunta, come un film dinanzi ai nostri occhi, l’intera scena vissuta dal corpo.
Abbiamo anche esperito, e per questo non può non valere anche per la signora Nenna, che le esperienze drammatiche o molto cariche di “sentimenti” occupano un grosso spazio negli ippocampi.
La spiegazione, come sempre, la troviamo nell’anatomia del Sistema Nervoso.
L’anatomia del Sistema Nervoso Centrale ci mostra che, adiacente agli ippocampi troviamo le amigdale (svolgono un ruolo importante nella genesi delle emozioni).
Inoltre, sappiamo che i livelli di cortisolo (per la signora Nenna l’abbaiare del cane era grossa fonte di stress, per questo più che appiccicare etichette potrebbe essere utile misurare il livello di cortisolo salivare), come quelli di ossitocina, amplificano i segnali tra ippocampo ed amigdala.
C’è un’altra area dei nostri cervelli che svolge un ruolo primario nelle “memorie nel corpo”: l’insula.
L’insula riceve molecole messaggere da svariate regioni del corpo, e ci segnala, fra l’altro, le pulsazioni cardiache, la temperatura del corpo, la sensazione di fame e di sete.
Per rendere più affascinante il tutto (almeno da una prospettiva di ricerca) è bene ricordare che le memorie del corpo allertano il sistema immunitario che, a sua volta, è capace di attivare i neuroni dell’insula modificando il nostro modo di “sentirci”.
Come possiamo riflettere, le memorie del corpo sono un dono ricevuto dagli organismi molto complessi da parte di Madre Natura.
Esse svolgono un’importante funzione (anche nella signora Nenna): ci proteggono dal ripetere esperienze dolorose.