Uncategorized

Domande di un genitore


Egregio Dott. Parisi, sempre con il costante desiderio di voler rendere più consapevoli i genitori coinvolti nel disturbo autistico, mi permetto di intervenire di nuovo sul suo Blog dopo l’ultima pubblicazione a proposito del suo interessantissimo commento al testo di M. Ammanniti e P. F. FerrariIl corpo non dimentica”.

Lei, correttamente, pone in evidenza quanto di nuovo emerge dalle osservazioni degli autori a proposito delle recenti ricerche sulle primissime fasi del neurosviluppo e della conseguente organizzazione del Sistema Nervoso. Io, invece, sono un genitore con limitatissime conoscenze e interessi costantemente tesi alla ricerca di approcci, assolutamente non di tipo farmacologico, che possono offrire possibilità di interventi sulle alterazioni del neurosviluppo presenti nel disturbo autistico cosa che, attualmente agli occhi di molti, sembra pura fantascienza.

Ora nel testo citato, ho evidenziato due esperimenti effettuati in due momenti differenti ma che entrambi sembrano dare risposte alla mia continua ricerca.

Il primo (pag. 112) riferisce uno studio in cui: «ad alcuni piccoli macachi veniva impedita la visione della propria mano per diverse settimane dopo la nascita. Una volta rimosso l’impedimento, i macachi erano in grado di afferrare gli oggetti solo se la mano non era visibile (il tatto e lo schema motorio di raggiungimento con il braccio e afferramento con la mano si erano sviluppati normalmente). Tuttavia quando la mano era in piena visione si creava una specie di interferenza tra il comando motorio e il feedback visivo della mano di cui il cervello non aveva avuto esperienza. La scimmia quindi non era in grado di afferrare gli oggetti e la sua presa era molto goffa. …. La percezione visiva dell’arto non era più ancorata al corpo e questo creava dei deficit cognitivi profondi».

Questa ricerca, che non conoscevo, mi ha profondamente sorpreso. In effetti, mi è tornato in mente come, nelle numerose testimonianza di genitori con figli nel disturbo autistico, la curiosa incapacità di guardare e allo stesso tempo toccare un oggetto, oltre a ritrovarla in mia figlia, mi era stata riferita diverse volte. Ho ricordato anche come non vi fossero state  spiegazioni da parte dei tecnici interpellati al riguardo, ma solo sguardi di compatimento per una domanda così poco attinente allo spaventoso disastro comportamentale e relazionale presente nella persona autistica e quindi ritenuta del tutto inutile.

Ora io trovo una spiegazione, mai avuta in precedenza, che ritiene tale incapacità come una possibile conseguenza di alterazioni dell’integrazione sensoriale (in questo caso visiva /tattile) avvenute durante il periodo dell’iniziale neurosviluppo e che tale interpretazione trova l’autorevole accordo del comitato scientifico di una prestigiosa rivista come Science.

Nell’esperimento riportato, questo disturbo è stato provocato volutamente dal ricercatore unicamente impedendo, per breve tempo, alla scimmia di vedere la mano durante i movimenti dell’arto e, cosa per me importantissima, si può facilmente arguire come, in uno stesso breve tempo, il disturbo sia scomparso in seguito al continuo integrare l’uso della mano alla visione della stessa.

In molte persone in condizione autistica, specialmente in quelle in cui l’alterazione è stata trattata unicamente dal punto di vista psicologico/psichiatrico, tale remissione non avviene e continua a permanere e questo, a mio parere, dimostra che l’alterata integrazione visiva/tattile ha una origine più grave nello sviluppo dell’integrazione sensoriale umana rispetto al semplice impedimento di visione effettuato nell’esperimento. Pertanto, l’unica conclusione che ne traggo è che sarebbe necessaria un’azione più incisiva nel far congiungere i due input al fine di ottenere una sufficiente normalizzazione del meccanismo neurofisiologico. E  mi pongo le domande:

E se tale azione più incisiva fosse applicata anche alle altre evidenti distorsioni di  integrazione sensoriale che colpiscono gli altri sensi come l’udito, l’olfatto e il gusto?

Perché non dovremmo avere lo stesso effetto migliorativo nelle relative prestazioni?

Il secondo studio che ha destato il mio interesse è quello citato a pag. 106 svolto da Amanda Woodward dell’Università di Chicago su lattanti di tre mesi ancora immaturi nella capacità di raggiungere con il braccio e afferrare un oggetto posto davanti a loro. “A. Woodward e il suo gruppo hanno però ideato un esperimento finalizzato a far imparare al lattante di tre mesi ad afferrare degli oggetti in tessuto attraverso un guanto di velcro che veniva infilato nella mano del bambino. In questo modo, nel giro di qualche sessione, per il bambino risultava facile e divertente prendere degli oggetti con il guanto. In seguito a questo breve training motorio, anche il comportamento oculomotorio di anticipazione si modificava sia durante il compito motorio sia durante quello visivo, quando il piccolo doveva osservare passivamente un attore afferrare un oggetto con la mano. Il bambino grazie all’esperienza motoria mostrava di interpretare le azioni altrui come dirette a un fine. Questi e altri studi che utilizzano un paradigma simile di training motorio dimostrano che l’esperienza motoria modifica la capacità percettiva del bambino e la sua organizzazione cognitiva nell’interpretare le azioni in maniera strutturata e finalizzata.”

Egregio dottor Parisi, dopo la lettura del brano precedente e le conclusioni espresse direttamente dagli Autori, che coincidono perfettamente con le mie conclusioni precedentemente esposte, ho dovuto scriverle per chiedere a chi legge il suo blog:

«Ma come è possibile che dinanzi tali autorevoli e documentate affermazioni ancora non si riconosce la fondamentale necessità di un intervento principalmente sensori motorio nei disturbi del neurosviluppo? Come si possono continuare ad ignorare tali qualificati studi e le loro logiche conseguenze da parte dei preposti all’intervento nei disturbi del neurosviluppo?»

La cosa che poi maggiormente mi spinge a sollecitare i genitori ad aprire gli occhi per porre fine a un disastro che si perpetua da 80 anni, è il fatto che io sono riuscito a ottenere quello che desideravo per mia figlia operando esattamente nella maniera che le conclusioni degli Autori suggeriscono come logica conseguenza.

Vedo ancora oggi per strada e nelle anticamere di professionisti tanti piccoli uomini e donne che evidenziano la loro assoluta mancanza della conoscenza del proprio corpo e che agiscono di conseguenza tra la disperazione dei loro incolpevoli genitori e mi tormento nel pensare al loro, inevitabile, spaventoso destino.

Come si può continuare così?

La saluto e mi scuso per aver irrimediabilmente rattristata la sua giornata di lavoro.

Sergio Martone

Sorrento, maggio 2025.

Lascia un commento

Commento
Nome*
Email*
Sito web*