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La fabbrica del cognitivo (parte prima)

Circa dieci anni fa,  accompagnai il mio fraterno amico David Delacato ad Oxford per partecipare, entrambi eravamo relatori, ad un convegno su bambini con A.D.H.D. In tale circostanza ebbi modo di precisare, provocando immenso stupore in chi mi ascoltava, che le mucche venivano trattate dai veterinari in modo più scientifico di come la psichiatria infantile trattava i suoi piccoli o giovani pazienti. Infatti, ebbi modo di affermare che, quando una mucca all’interno della stalla modificava il “suo comportamento” (mucca pazza), non veniva inviata dallo psichiatra per definirne le “dinamiche ambientali” o la “genetica”, ma veniva dichiarata”infetta” e, pertanto, si consigliava di non mangiarla (cosa che all’epoca rappresentava una minaccia economica per gli inglesi).

In linea con la mia provocazione in terra britannica, e con immenso piacere, ho accolto la recentissima notizia scientifica su alcuni meccanismi che atrofizzano il cervello (perdita di neuroni) nei malati di Alzheimer. Grazie ad uno studio condotto dalla Universiy of British Columbia di Vancouver, si è constatato che, la proteina beta amiloide, proteina che accumulandosi nei neuroni della corteccia cerebrale può provocare alterazioni patologiche con conseguenti segni e sintomi tipici della malattia, può trasmettersi attraverso il sangue, da un essere vivente ad un altro.

La mia convinzione scientifica ,che nei prossimi anni la ricerca medica riuscirà a chiarire sempre meglio il ruolo delle infezioni e delle risposte immunitarie anomali nella patogenesi dei “disturbi mentali”, aumenta.

Altra personalissima convinzione scientifica è che, nel prossimo decennio, tutti avremo una migliore comprensione di cosa realmente significa “cognitivo” e, soprattutto, di come l’uomo “fabbrica il suo cognitivito”.

Quello che le moderne neuroscienze hanno appurato è che,  quello che l’uomo conosce è determinato (oltre che dalla sua esperienza) dal funzionamento del suo cervello che, sin dalla nascita, se non prima, su ogni cosa in cui si imbatte opera.

Attraverso la sua attività il cervello, non solo garantisce la conoscenza ma, consente anche di generalizzarla.

Uno dei grandi trionfi della recente storia della neurofisiologia è stato quello di descrivere come i neuroni di aree differenti della corteccia cerebrale producono risposte differenti (le cellule della corteccia uditiva rispondono a stimoli uditivi, quelle della corteccia visiva a stimoli visivi, e così via).

Tuttavia, sottolineando la specificità delle risposte delle cellule nervose di differenti aree corticali, i neurofisiologi hanno trascurato un dato importantissimo: la capacità dei neuroni corticali sensoriali di ASTRARRE (accento sulla proprietà generale a spese del particolare). Ad esempio, un neurone sensoriale visivo selettivo all’orientamento, capace di rispondere (attivarsi) solo a linee orientate verticalmente, risponderà sia ad una matita che ad un righello, basta che entrambi gli oggetti siano tenuti verticalmente. Cioè, a prescindere da che cosa possa rappresentarla, la cellula nervosa si limiterà ad ASTRARRE la proprietà della verticalità, senza minimamente occuparsi dei particolari dell’oggetto presentato.

Ancora più chiaro è l’esempio dei neuroni dell’area visiva V5 (area della percezione del movimento). Buona parte dei neuroni di quest’area sono selettivi alla direzione: rispondono al movimento di uno stimolo visivo in una sola direzione, e non in quella opposta. Queste cellule nervose ASTRAGGONO la direzione del movimento senza occuparsi di che cosa si stia muovendo in una particolare direzione.

La stessa cosa accade in tutte le altre cortecce sensoriali.

Ad esempio, un neurone della corteccia somatosensoriale che risponde a temperature elevate si disinteressa all’oggetto che la produce, e si cura del fatto che c’è una temperatura elevata (ASTRAZIONE).

Le neuroscienze attuali ci hanno consentito di comprendere che, la conoscenza visiva di un oggetto ovvero, la discriminazione visiva tra una matita ed un righello, prima ancora di conoscerne il nome e l’utilizzo, è determinata dall’integrazione di informazioni nervose tra neuroni dei sottomoduli visivi (V1,V2,V3,V4,V5, ed altre). Quando cellule nervose, capaci di ASTRARRE informazioni differenti da uno stimolo visivo complesso, si collegano tra di loro, il livello di ASTRAZIONE dell’informazione sale ulteriormente.

A questo punto immaginiamo un bambino che impari a leggere (4- 6 anni).

Cosa deve ulteriormente accadere in quel cervello?

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