Uncategorized

Di quale cognitivo vogliamo parlare?

Quello che vorrei ribadire attraverso il blog è che, non ho nulla in contrario nel ritenere che, un soggetto con autismo possa manifestare disfunzioni cognitive, ovvero anomalie della consapevolezza e, dunque, nella manipolazione del mondo. Allo stesso tempo, va chiarito che non è più ammissibile che, i tecnici i quali “appiccicano” l’etichetta di deficit cognitivo ai soggetti con autismo, continuino a trattare il cognitivo fuori dai confini delle neuroscienze. Quando mostriamo ad altri la nostra presunzione di “trattare” il cognitivo, dobbiamo avere le idee meno confuse e offrire maggiori informazioni. Di cosa ci stiamo dunque occupando : della vigilanza, dell’attenzione o del percetto?.

Anche se basta gettare lo sguardo su di un oggetto per diventare, all’istante, consapevole della sua forma, del suo colore e della sua identità, questo non significa che, tale abilità (consapevolezza percettiva) non abbia richiesto un’attività cerebrale coinvolgente miliardi di neuroni, ovvero un’Organizzazione Neurologica. Si è reso necessario un processo di apprendimento, durato mesi, se non anni, durante i quali si sono sincronizzati, in una comunicazione globale di portata sempre più ampia, differenti aree neuronali, cioè popolazioni di neuroni con funzioni differenti. Alla fine, se quello che vediamo è diverso da quello che cade (sotto forma di fotoni) sulla nostra retina, è perchè noi vediamo una scena tridimensionale basata sulle precedenti esperienze (sensazioni) di scene visive analoghe. Allo stesso tempo, non possiamo occuparci del cognitivo se non dovessimo chiarire al nostro interlocutore perchè, in ogni determinato momento, i suoi sensi sono raggiunti da un flusso indeterminato di stimoli eppure, la sua consapevolezza sembra aver garantito l’accesso solo ad una parte estremamente ridotta di questi. In qualsiasi momento si è così consapevoli di un “qualcosa”a discapito di “altro”. Eppure, basta pensare al nostro corpo che poggia, in questo preciso momento, sul divano che, qualcosa che era rimasto “dormiente” nel nostro cervello, ora ci è dato “conoscere”. O ancora, basta immaginare di partecipare ad una chiassosa festa (un matrimonio napoletano), decine di persone conversano e cantano attorno a noi, ma riusciamo a concentrarci solo su una di esse. La nostra attenzione opera un filtro che SELEZIONA una voce e annulla tutte le altre.

E’ possibile, nel caso in cui voglio occuparmi, da una prospettiva terapeutica, di un bambino con autismo, non affrontare il nocciolo della questione “AUTISMO”?

In qualsiasi momento il nostro ambiente sensoriale ci sollecita con miriadi di percezioni potenziali. Per evitare un sovraccarico di informazione, molti dei nostri sistemi cerebrali applicano un FILTRO SELETTIVO, ovvero un setaccio. Come tutte le abilità neurali, anche “il setaccio” o “attenzione selettiva” (psicostati), deve avere un’ampia rappresentazione neurale (neurostato), frutto del processo di Organizzazione Neurologica. Prima ancora di “occuparci” dell’abilità di riconoscimento allo specchio (dopo i 24 mesi) e di “teoria della mente” attraverso cosa pensa Sally (necessitano 4 anni), i bambini con autismo falliscono in abilità cognitive precoci (attenzione/percezione). Tanto è vero, che l’età di insorgenza dei primi sintomi e segni è precedente ai 24 mesi. Poi, purtroppo, ci vorrà del tempo prima che i medici facciano la diagnosi……..

Lascia un commento

Commento
Nome*
Email*
Sito web*