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I sogni ci aiutano a comprendere i disordini attentivi e di postura nei bambini autistici

Per prima cosa voglio dire grazie a tutte le lettrici e lettori che, da due anni (30 aprile 2016), danno vita al blog.

Un grazie particolare all’Associazione La Mano Tesa di Macerata per aver pubblicato, nel giugno scorso, molti articoli del blog in formato manuale.

Nell’articolo odierno provo a fare più chiarezza sul come, una migliore comprensione di alcune nostre “caratteristiche”, nello specifico il sonno ed i sogni attraverso una scienza del sonno, può contribuire a migliorare le nostre conoscenze sui disordini del neurosviluppo ed a consigliarci quali esami neurodiagnostici andrebbero effettuati, in epoca precoce, per questi giovanissimi pazienti. Inoltre, potrebbe esserci d’aiuto nell’intuire quali protocolli terapeutici prescrivere.

Per la biologia non vi sono dubbi, possediamo un “orologio interno”o ritmo circadiano che rappresenta il principale responsabile della regolazione sonno-veglia nei mammiferi. La melatonina rappresenta uno dei più importanti regolatori di questo orologio. La quantità di questo ormone rilasciata di notte è cospicua, basta pensare che nei bambini di 5-10 anni il suo livello ematico aumenta di 20 volte rispetto al valore diurno. La luce, dunque, rappresenta il timer del sistema.

Per le neuroscienze attuali, disseminati in diversi centri del cervello , specie profondi, vi sono vari “orologi molecolari” che stabiliscono quando, quanto a lungo e con quanta intensità dormiamo.

Inoltre, le neuroscienze attuali, ci hanno chiarito che, nel corso del sonno il cervello resta attivo (persiste un rumore di fondo rappresentato da impulsi elettrochimici che viaggiano lungo i nostri circuiti cerebrali). Tale autoattivazione, in alcune fasi (REM), diviene così intensa da generare COSCIENZA (sogni).

In effetti, il recente sviluppo della tecnologia dell’imaging cerebrale, specie la risonanza magnetica, ha consentito, per la prima volta nella storia dell’uomo, di osservare l’attività del cervello mentre le persone sono sveglie, dormono o sognano. Tutto questo ha consentito che, lo studio dei sogni divenisse indissolubilmente collegato alla neurobiologia (che grande rivoluzione al fine del sapere e del saper curare), garantendo progressi di conoscenza, descritti nei tre articoli precedenti e così riassumibili:

1)Sono i cambiamenti dell’attività elettrica cerebrale a determinare lo stato di sogno, come gli altri stati di coscienza. L’a.e.c. (attività elettrica cerebrale), misurabile con elettroencefalografo, varia in maniera sistematica durante il sonno e, quando raggiunge dei picchi (aumenta la frequenza delle onde poichè i segnali elettrici sono maggiormente integrati a livello corticale), noi sogniamo. Quando la frequenza delle onde cala (ritmi lenti), poichè le connessioni fra aree cerebrali distanti vengono inibite e, dunque, si riduce sensibilmente l’integrazione tra informazioni differenti, smettiamo di sognare. Comunque, anche in questo stato, il cervello è ben lontano dall’inattivazione. Esso continua ad elaborare informazioni (percezioni), a fissare l’apprendimento di nuove abilità (memorie procedurali), a consolidare e riorganizzare le percezioni (memorie episodica e semantica). Quando, l’a.e.c. incrementerà la sua frequenza (ritmo alfa), oltre alle funzioni descritte, quel cervello produrrà anche “coscienza onirica”. Tutto questo è ben documentato attraverso la polisonnografia, esame di facile esecuzione, non invasibile.

2)Quando il cervello si attiva durante il sonno ostacola l’acquisizione di ulteriori informazioni esterne e l’esecuzione di atti motori finalizzati (abbiamo esperienza conscia di movimenti durante i sogni, ma per fortuna non sono stimoli che si traducono in movimenti effettivi). Quindi, il cervello nello stato di sogno si isola dai canali sensoriali e motori, per occuparsi dell’elaborazione delle informazioni senso-motorie e delle emozioni da esse provocate e, di cui, facciamo esperienza sotto forma di sogni.

3)Il cervello si attiva e si ISOLA dal mondo poichè, per condizioni che hanno attivato il nostro orologio interno, è cambiato radicalmente il proprio assetto CHIMICO. Sappiamo con certezza che, quando il cervello si trova in fase REM significa che sono stati spenti due sistemi chimici, quello della serotonina e della noradrenalina, necessari per quelle caratteristiche della coscienza da svegli (attenzione, memoria, giudizio critico), mentre resta attivo quello dell’acetilcolina, che garantisce il sogno. Senza le differenze della chimica cerebrale non potrebbero determinarsi le “differenze cognitive” tra lo stare svegli ed il sognare.

Il professore Allan Hobson (psichiatra statunitense, studioso del sonno, le cui pubblicazioni scientifiche hanno fatto da riferimento negli ultimi quattro articoli del blog) ha definito “CAMBIAMENTO DI PARADIGMA”, ovvero rapido stravolgimento di uno schema teorico, questa radicale modifica di interesse nello studio dei sogni, passando dall’analisi del contenuto all’analisi della sostanza. Lo scienziato moderno non si chiede come interpretare il sogno bensì quali sono le caratteristiche molecolari e strutturali che differenziano la consapevolezza che accompagna i nostri sogni da quella che accompagna il nostro “stare svegli”.

Dalla sua nascita (giusto due anni orsono), il blog ha costantemente sollecitato un CAMBIAMENTO DI PARADIGMA per i disturbi dello spettro autistico (non più la descrizione dei segni e sintomi ai fini dell’etichetta diagnostica bensì la definizione dei circuiti neuronali alterati al fine di stabilire quale esercizio abilitativo prescrivere).

In questi ultimi quattro articoli ho sostenuto con forza che, la scienza del sonno, per il coraggio avuto nell’intraprendere nuovi sentieri (quelli della biologia), potrebbe facilitare il cambiamento di paradigma anche pel la scienza del comportamento in età evolutiva.

Sono i 3 punti sopra descritti a farci sperare in un cambiamento:

1)L’attività elettrica cerebrale è facilmente misurabile nei bambini autistici, sia in veglia che in sonno (polisonnografia). Qualora dovessimo essere attenti nel valutare il livello di organizzazione dell’attività elettrica cerebrale potremmo rilevare una percentuale altissima di bambini autistici con scarsa presenza di onde alfa a vantaggio dei ritmi lenti. Questo ad indicare che il disordine neurologico è primario nei circuiti talamo-corticali e non nei lobi prefrontali (in quest’ultimo caso prevarrebbero le onde molto rapide o onde beta).

2)Il cervello del bambino autistico in veglia non è mai disconnesso dai canali sensoriali e motori (si muove in continuazione, cosa non possibile quando l’attività elettrica di base è autoattivante, come nel REM). Pertanto, tutte le anomalie comportamentali non possono essere il risultato di un difetto dell’autoattivazione ne, tantomeno, dei circuiti dell’autogiudizio, vista la giovanissima età in cui esordisce il quadro clinico. Dunque, le anomalie del comportamento, devono essere consequenziali al disordine sensori-motorio.

3) Il cervello si attiva e si ISOLA dal mondo in seguito ai cambiamenti CHIMICI. Le neuroscienze ci hanno fatto comprendere che, la nostra capacità di selezionare le informazioni sensoriali, indispensabile per l’attenzione e, dunque, per la cognizione, dipende moltissimo dai neuromodulatori (noradrenalina, serotonina, acetilcolina). Queste sostanze chimiche vengono  utilizzate dai neuroni del tronco cerebrale per regolare l’attività dei neuroni corticali e, come abbiamo visto, determinano le differenze attentive e mnemoniche tra sogno e veglia. Poichè, vicino a questi neuroni del tronco cerebrale troviamo popolazioni di neuroni che hanno la funzione di regolare il nostro tono muscolare posturale e, siccome, nei soggetti con autismo le posture sono anomale, RISULTA DIFFICILE IMMAGINARE CHE, UTILIZZANDO SPECIFICI  PATTERNS MOTORI, SI POSSA MIGLIORARE IL TONO POSTURALE; OLTRE CHE L’ATTENZIONE?

1 commento a I sogni ci aiutano a comprendere i disordini attentivi e di postura nei bambini autistici

  • Milena

    Davvero interessante e illuminante questo articolo! Grazie!

    Rispondi

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