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L’autismo è una malattia mentale?

 

Riconoscendo che fino al 1907 non si conosceva la cellula nervosa, mentre oggi è possibile misurare la sua attività in vivo, non si può non affermare che, durante lo scorso secolo, innumerevoli sono state le scoperte che ci hanno consentito di conoscere bene il nostro cervello.

Quale può essere, ad inizio di questo nuovo secolo e millennio, la nuova frontiera da varcare da parte delle neuroscienze?

A mio avviso, l’interesse primario delle neuroscienze attuali sarà quello di fare sempre più luce sul perchè e sul come i cervelli interagiscono con il corpo per sostenere particolari funzioni, quali le emozioni, i sentimenti, la ragione, oltre che la coscienza. Con una mia ulteriore previsione: questo nuovo sapere non potrà non favorire un migliore inquadramento diagnostico, oltre che migliori terapie, per una moltitudine di condizioni neuropsichiatriche, tra cui anche i disturbi dello spettro autistico.

Per un biologo evolutivo (scuola di pensiero a cui appartengo ed a cui si ispira il blog) l’incoscio umano risale alle forme di vita primitiva e, dunque, molto più in profondità e più lontano di quanto Freud avesse mai potuto immaginare. Infatti, la vita non sarebbe possibile senza le regole imposte dall’omeostasi, e sappiamo che l’omeostasi esiste sin da quando la vita ha avuto inizio. L’omeostasi ha guidato, in modo non cosciente nè deliberato, senza un progetto a priori, la selezione di strutture e di meccanismi biologici capaci di preservare la vita e far progredire l’evoluzione di specie adattive.

Per un biologo evolutivo i sistemi nervosi sono comparsi al servizio dei corpi, e non viceversa. L’evoluzione del Sistema nervoso è stata un sostegno indispensabile della vita in organismi pluricellulari complessi, ma questo non deve farci dimenticare che esso fa parte dell’organismo di cui è al servizio. E’ una parte del suo corpo, con il quale interagisce strettamente (interazione di cui la clinica medica, specie in età pediatrica, continua a non occuparsi; causa anche la separazione netta tra pediatria e neuropsichitria infantile).

Quello che manca nelle proposte comportamentiste ed anche cognitiviste è che i sistemi nervosi iniziarono la loro esistenza come assistenti al corpo, come coordinatori del processo vitale (se fosse presente questo concetto mai un tecnico potrebbe definire un comportamento atipico come un comportamento-problema).

Per un biologo evolutivo un tratto distintivo degli organismi è il grado straordinario di cooperazione manifestato dalle cellule che lo costituiscono. In effetti, la vita dell’organismo è più della somma totale delle vite di ciascuna cellula coinvolta, pertanto, alcune funzioni non possono che essere emergenti. La mente umana rappresenta una funzione emergente. Ma, senza il corpo nessuna mente può emergere.

In effetti, il nostro organismo contiene un corpo, un sistema nervoso ed una MENTE che deriva da entrambi.

Per le neuroscienze attuali, per comprendere la MENTE dobbiamo comprendere la stretta relazione corpo/cervello, ovvero dobbiamo riconoscere e comprendere le PERCEZIONI e la catena che le collega.

Nel corso dell’evoluzione, i sistemi nervosi, invece di contribuire semplicemente a rilevare gli stimoli ed a rispondere in modo adattivo, cominciarono a disegnare mappe delle configurazioni di oggetti e di eventi nello spazio, utilizzando l’attività dei neuroni organizzati in circuiti. Le mappe di ciascuna modalità sensoriale sono la base dell’integrazione che rende possibili le immagini, le quali, altro non sono, che i costituenti della mente.

Da un punto di vista adattivo questa conquista evolutiva rappresentava tanta roba.

Infatti, la capacità di generare immagini consentiva agli organismi di rappresentare il MONDO INTORNO A LORO, DENTRO DI LORO (le immagini possono essere visive, uditive, tattili, olfattive e gustative).

Prima che comparissero le mappe neuronali e, dunque, le immagini e le menti, gli organismi potevano riconoscere la presenza di altri organismi e di oggetti esterni, e rispondere in maniera appropriata. Potevano farlo rilevando una molecola o uno stimolo meccanico ma non con una configurazione dell’oggetto che aveva emesso la molecola o aveva urtato l’organismo.

L’avvento di neurostati composti da circuiti neuronali altamente integrati (mappe) e della susseguente creazione di immagini offrì una nuova possibilità, quella di generare, da parte degli organismi, una rappresentazione privata del mondo intorno al proprio sistema nervoso.

Il mondo intorno al sistema nervoso è estremamente abbondante, esso comprende il mondo esterno all’organismo e quello interno ad esso (quest’ultimi aspetto, ripeto, viene costantemente ignorato da chi si prende cura dei disturbi del comportamento).

Le immagini del mondo esterno hanno origine dalla trasduzione delle energie ambientali (luminosa, meccanica, chimica,ecc.) in energia nervosa operata dai recettori sensoriali che inviano ai sistemi nervosi informazioni sui dettagli del mondo.

Le immagini del mondo interno appartengono a due generi molto diversi per fonte e contenuti, quello del metabolismo con la sue attività chimiche integrate insieme al mondo degli organi interni (cuore, polmoni, intestino, vasi, ecc.) e quello del nostro scheletro osseo e dei muscoli scheletrici.

Dalle neuroscienze moderne emerge sempre di più che l’organismo non può non essere influenzato dalle informazioni che emergono dal mondo interno, poichè da tali informazioni dipende la sopravvivenza.

Pertanto, queste informazioni sono necessarie per la costruzione delle immagini mentali o soggettività.

Chiunque dovesse “conoscere” un bambino autistico non può non aver compreso che quel bambino manifesta disordini sia nella sua enterocezione (dolori viscerali) che nella sua propriocezione.

Per le moderne neuroscienze, tali disordini stanno alla base dei disordini mentali.

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