Uncategorized

Dalla genetica al connettoma.

Lo sviluppo del sistema nervoso.

Per le moderne neuroscienze non sembrano esserci dubbi: le origini dei disturbi dello spettro autistico o degli autismi risiedono nell’anomalo sviluppo del sistema nervoso. Come più volte ho ricordato, attraverso gli articoli del blog, questa conoscenza non è di secondo ordine e dovrebbe rappresentare un punto di partenza anche per le proposte terapeutiche, oltre che per la ricerca.

Ovviamente, dobbiamo prendere atto che siamo ancora molto lontano dal poter affermare che tutto ci è chiaro e, dunque, dobbiamo continuare a ricercare. Ancora molta strada, ad esempio, deve essere percorsa nel tentativo di comprendere i fattori che generano il disordine del neurosviluppo (autismo). Negli ultimi decenni sono stati identificati diversi fattori eziologici, nessuno di questi si è rilevato sufficiente, da solo, a spiegare il disturbo.

Studi genetici e fattori ambientali.

Un ruolo importante lo stanno svolgendo gli studi genetici familiari (trasmissione dei geni all’interno della famiglia) che hanno mostrato un rischio di sviluppare un disordine del neurosviluppo più alto in queste famiglie rispetto alla popolazione generale. Allo stesso tempo, dobbiamo riflettere sul fatto che le diverse mutazioni (la più frequente è la delezione 22q11), di volta in volta associate ai disordini del neurosviluppo, vengono rilevate anche in persone che non hanno mai manifestato quadri clinici specifici. Anzi, i due terzi di portatori di delezioni non diventano «autistici».

Si intuisce che devono entrare in gioco anche fattori ambientali. È per questo motivo che assume particolare rilievo «indagare» sulla gravidanza (minacce d’aborto), su eventuali traumi pre e peri-natali (infezioni in utero, parto distocico), come pure sull’esposizione a sostanze tossiche.

Degno di nota è un recentissimo studio che ha evidenziato come la serotonina (un neurotrasmettitore), prodotta dalla placenta, innesca una catena di reazioni che portano alla generazione di più cellule progenitrici nel cervello embrionale. Inoltre, resta da comprendere il ruolo svolto dalle infezioni nei primi mesi di vita (otiti, bronchiliti, diarre frequenti) che possono agire da substrato per l’autismo. Di sicuro, anche il massivo uso di antibiotici, come una particolare sensibilità del sistema immunitario oppure una immaturità della funzione intestinale (svezzamenti precoci) potrebbero favorire lo sviluppo della patologia. Inoltre, cresce significativamente il numero dei ricercatori che individuano un processo autoimmune alla fonte di molte patologie del neurosviluppo (autismi, schizofrenie …).

In merito a tutto questo, possiamo sintetizzare dicendo che, oggi, molti ricercatori sono orientati nel sostenere che gli autismi dipendono dalla combinazione di diversi fattori genetici e ambientali, dei quali alcuni potrebbero formare un terreno di vulnerabilità propizio allo sviluppo della clinica, e altri potrebbero costituire l’elemento scatenante.

 Voglio solo ricordare ai lettori del blog «Autismo fuori dagli schemi» che questo modello interpretativo si è rivelato molto efficace per una migliore comprensione, prevenzione e «cura» delle epilessie.

L’importanza del connettoma.

Invece, dove le neuroscienze stanno registrando significativi progressi di conoscenza è nell’ambito della patogenesi (come la causa genera la clinica) dei disturbi dello spettro autistico.

Infatti, la ricerca scientifica ha recentemente dimostrato che la connettività precede lo sviluppo della funzione (con l’esercizio la funzione modificherà ulteriormente la rete neuronale). In altri termini, siamo a conoscenza che, pur venendo al mondo con un’impalcatura prefissata, solo gli inputs sensori-motori possono selezionare definitivamente i circuiti neuronali (comunicazione tra aree cerebrali) e, soprattutto, possono sincronizzare l’attività dei neuroni di differenti circuiti neuronali (esempio: sincronizzare un volto con la scena ambientale che risultano essere, a priori, funzioni separate di differenti aree del nostro cervello visivo). Senza dimenticare che il «significato» che viene dato, di volta in volta, all’intera scena visiva (volto/ambiente circostante) dipenderà anche da una moltitidine di connessioni «dal basso verso l’alto» e «dall’alto verso il basso».

Dunque, è all’interno dello sviluppo del nostro connettoma che, caso clinico per caso clinico, dobbiamo ricercare come si è sviluppato il quadro clinico che il bambino con autismo presenta. Un esempio clinico potrebbe aiutare il lettore a comprendere meglio questo nuovo modello diagnostico, specificamente biologico.

Nessuno può mettere in dubbio che prevedere le «intenzioni» dei partner sociali rappresenti un elemento fondamentale per la nostra socialità. Infatti, ci consente di cogliere le esigenze e gli «stati mentali» dei nostri simili, di cooperare o di competere con loro. Anche se siamo tutti consapevoli che ricorriamo spontaneamente e con costanza a queste abilità tipicamente umane, non possiamo non riflettere che esse rappresentano il risultato di un lungo processo di neurosviluppo con conseguente organizzazione neurologica che ha dovuto attraversare differenti fasi (fase dell’apprendimento individuale o sensori-motorio, fase dell’apprendimento per imitazione, fase dell’apprendimento pedagogico/sociale) per farcele acquisire (chiunque vuole approfondire questo concetto può scorrere i precedenti articoli del blog).

Ritorniamo ora all’esempio clinico che intendo proporvi: le persone affette da un disturbo dello spettro autistico, così come i pazienti affetti da fobia sociale, manifestano difficoltà nel dirigere la propria attenzione al partner sociale e, dunque, la loro vita sociale risulta compromessa. Questo non significa che l’autismo e la fobia sociale hanno in comune la stessa causa oppure lo stesso disordine a livello di connettoma.

Entrambe sono patologie del Sistema Nervoso Centrale e, pertanto, in entrambe le patologie il connettoma è interessato. Ma, mentre nella fobia sociale si registra una desincronizzazione tra circuiti deputati a elaborare i volti e i circuiti dell’amigdala, nei casi di autismo la sincronizzazione non si è mai sviluppata in modalità «tipica». Inoltre, nel caso dei disturbi dello spettro autistico, il disordine del neurosviluppo non è confinato in ambito amigdala-area fusiforme (fobia sociale) ma deve interessare moltissime aree della corteccia sensoriale di quel cucciolo d’uomo.

 Altrimenti non troverebbero una spiegazione scientifica la maggioranza di tutti gli altri sintomi che quel bambino manifesta: come impugna gli oggetti, come mastica, la soglia alta del dolore, le difficoltà nello spogliarsi e, soprattutto, nel vestirsi da solo, le difficoltà nel prendersi cura del proprio corpo.

Lascia un commento

Commento
Nome*
Email*
Sito web*