Uncategorized

L’ uso Off Label dei farmaci nell’autismo.

                                                   

Per Off Label si intende l’impiego nella pratica clinica di farmaci somministrati al di fuori delle condizioni autorizzate dagli enti predisposti per patologia, per popolazione o dosaggio.

Recentemente, l’autismo è stato definito un disordine della fase sensori-motoria del neurosviluppo la cui causa o eziologia sovente non ci è nota.

Per molti decenni (dal 1943 alla fine degli anni ottanta) i neuropsichiatri infantili hanno sostenuto che l’autismo infantile fosse secondario ad una anaffettività materna. Addirittura, i soggetti autistici venivano invitati a distruggere simulacri di madre (bambole) per liberare la propria rabbia. Nonostante negli anni sessanta e settanta alcuni tecnici dissentivano e formulavano ipotesi biologiche (Rimland, Delacato), solo a metà degli anni ottanta la comunità scientifica iniziò a considerare l’autismo infantile un disordine dello sviluppo del sistema nervoso. Fu allora che alcuni ricercatori (specie scuola nord-europea) provarono a studiare gli effetti degli antiepilettici (Valproato di sodio o Depakin in associazione con Carbamazepina o Tegretol) nei disturbi dello spettro autistico. Questi studi non diedero risposte incoraggianti. Inoltre, alcune ricerche avevano indicato un “rischio autismo” maggiore quando le mamme assumevano depakin in gravidanza.

Voglio ricordare che anche l’epilessia ha una storia molto “particolare” ma, dalla metà del secolo scorso, i neurofisiopatologi ci hanno fatto conoscere molte cose su questo disturbo neurologico. Infatti, gli antichi greci usarono questo termine per rimarcare che il paziente veniva assalito oppure colto di sorpresa. Questo perchè il male veniva considerato come una realtà esterna ed estranea al corpo dell’uomo, nel quale penetra e lo colpisce per la volontà di un Dio (morbo sacro). La terapia che veniva proposta era quella di recarsi in un tempio e richiedere il favore degli dei. Nel secolo scorso la medicina (neurofisiopatologia) ha compiuto notevoli progressi in epilettologia. Non sempre si riesce a definire la causa (eziologia) delle crisi epilettiche (idiopatiche) ma, anche in questi casi, nessuno può dubitare sulla genesi biologica (disturbo neurologico). Per questo la comunità dei neurofisiologi ha, da anni, chiarito che l’epilessia è sempre secondaria ad un disturbo neurologico dovuto a modifiche nell’attività elettrica cerebrale capace di provocare scariche parossistiche di gruppo di neuroni. Inoltre, in merito alla sede della corteccia cerebrale ove si genera la scarica parossistica, i neurofisiopatologi hanno classificato varie forme di epilessia (epilessie). Per tutto quanto stiamo leggendo si comprende che, da un punto di vista patogenetico, vengono definite “canalopatie” (patologie secondarie ad interessamento dei canali ionici).

Oggi, il 75% dei pazienti con epilessia può vivere libero da crisi grazie all’uso di specifici antiepilettici che agiscono, per l’appunto, sui canali ionici.

Disponiamo di antiepilettici che bloccano il canale del calcio (Keppra), oppure quello del sodio (Tegretol), oppure capaci di potenziare gli effetti del GABA ( Depakin, Gardenale).

Per un neurologo, il meccanismo d’azione di un farmaco è un aspetto fondamentale per la sua prescrizione.

L’autismo non è secondario ad una canalopatia.

 L’autismo, in quanto disordine del neurosviluppo, è una connettopatia.

Per questo l’uso di antiepilettici per “curare” il comportamento, la relazione o la comunicazione, in un bambino con disturbo dello spettro autistico è Off Label.

Con il tramonto delle ipotesi psicodinamiche, l’autismo fu “trattato” prevalentemente dai comportamentisti. Più che interrogarsi sui markers biologici (aree del cervello coinvolte), i comportamentisti hanno focalizzato le loro attenzioni su alcuni comportamenti: aggressività, irritabilità, iperattività. Intanto, la farmacologia forniva, agli psichiatri, farmaci capaci di “pulire” il quadro clinico di molti pazienti (schizofrenici) dai loro sintomi positivi (allucinazioni e deliri) senza correre il rischio di “parkinsonializzarli” (neurolettici atipici), in quanto agivano su specifici recettori della dopamina. Questi minori “rischi” dei nuovi neurolettici ha spinto i neuropsichiatri infantili ad utilizzare questi farmaci (visto che sedavano) nei casi in cui il bambino autistico si mostrasse iperattivo o aggressivo (erroneamente definiti dai tecnici “comportamento problema”).

Ma, l’autismo non è un disordine neurologico secondario ad un’iperattività del sistema della dopamina e, pertanto, l’uso di questi farmaci nei disordini del neurosviluppo è Off Label.

Qualcosa di simile si è verificata anche con gli S.S.R.I.

Negli anni 90 del secolo scorso la ricerca in ambito farmacologico ha portato alla “scoperta” di alcuni farmaci capaci di aumentare la concentrazione di serotonina a livello sinaptico. Questi farmaci si mostrarono utili per “combattere” alcune forme di depressione, oltre che per alcuni casi di disturbo ossessivo-compulsivo (DOC). Anche in questo caso, l’errore di scambiare il disordine di relazione (autismo) con un atteggiamento di “chiusura affettiva” e quello di confondere un “rituale” con le “stereotipie”, suggerì l’uso dei nuovi antidepressivi, da parte di alcuni neuropsichiatri infantili, nei disturbi dello spettro autistico.

Il lettore comprende che anche in questo caso, non essendo l’autismo infantile una patologia del sistema serotoninergico dell’affettività, l’uso è Off Label.

L’autismo è un disordine della fase sensori-motoria del neurosviluppo.

Questo significa che le connessioni tra i neuroni del VI strato delle corteccie sensoriali ed i neuroni del nucleo reticolare del talamo (Glutammatergiche), come le connessini tra i neuroni del nucleo reticolare del talamo ed i neuroni dei nuclei talamici specifici (Gabaergiche), devono essere disordinate. Allo stesso tempo, anche le connessioni tra i neuroni serotoninergici (nuclei del rafe) della formazione reticolare e quelli corticali devono essere disordinate. Anche le connessioni tra neuroni corticali associativi (II e III strato) devono essere disordinate.

E’ questa complessità patogenetica che ostacola, al momento, ogni possibilità di cura farmacologica.

Nel frattempo, nei casi precoci, si potrebbe provare con un trattamento abilitativo finalizzato a ridurre il disordine di sviluppo dei circuiti neuronali.

Tutti, a prescidere dalla specifica formazione, sono a conoscenza che l’apprendimento è condizionato dall’esperienza.

Lascia un commento

Commento
Nome*
Email*
Sito web*