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L’architettura delle cortecce cerebrali favorisce lo sviluppo della nostra mente

Abstarct della lezione del Dott. Parisi master biennale Delacato,

01, 02, 03 aprile 2022

Giusto un anno fa siamo partiti da una precisa considerazione, non ci interessava misurare la cognizione umana, e nemmeno definirla. Ci interessava comprendere come si sviluppano le nostre abilità cognitive nel corso dell’ontogenesi.

Nel 2022 le neuroscienze hanno stabilito che lo sviluppo della nostra cognizione è intimamente connessa allo sviluppo dei nostri corpi, possiamo dire “alla storia dei nostri corpi”.

Il neurosviluppo rappresenta una parte molto affascinante di questa storia in quanto ci coinvolge direttamente. Siamo i veri attori (IO) in quanto l’azione precede il pensiero.

C’è un altro aspetto che non dobbiamo trascurare. Nel corso della filogenesi abbiamo sviluppato l’abilità di fissare un obiettivo congiunto strutturato su un’attenzione congiunta. I nostri corpi potevano fissare un obiettivo congiunto provando a raggiungerlo da differenti prospettive (per il bene del nostro cucciolo IO lo accudisco, TU procuri il cibo). Siamo passati dall’IO al NOI.

Siamo partiti da questa prospettiva perchè ci interessa prenderci cura di cuccioli d’uomo che, già dal dodicesimo/diciottesimo mese di vita, ci informano che fanno fatica nello sviluppare il NOI.

Pertanto, in coerenza con i tempi in cui prestiamo le cure, abbiamo deciso che dovevamo provare a conoscere “come i cervelli dei bambini con autismo differiscono dai cervelli degli altri bambini”.

E’ questo il motivo per cui siamo partiti da alcune domande: perchè sono necessari 14 mesi per camminare oppure 18 mesi per iniziare a lanciare parole?

Allo stesso tempo, ponendoci questi interrogativi, prendevamo atto di un altro NOSTRO aspetto non trascurabile: siamo la specie vivente che viene al mondo con la più marcata neuroimmaturità.

Abbiamo così analizzato tutti i limiti e tutti i vantaggi di questo particolare fattore temporale: il neurosviluppo, per completarsi, necessita di 18 anni.

Ovviamente, il cablaggio dei nostri cervelli (neurosviluppo) non poteva non avere cause. Non poteva nemmeno essere alla totale dipendenza della genetica.

E’ stato per questo che ci siamo impegnati nello studio dei meccanismi biologici che regolano il cablaggio dei nostri sistemi nervosi. Abbiamo apprezzato i risultati di questi studi. Potevamo iniziare a comprendere cosa ci rende così unici tra tutte le specie viventi, in relazione anche al fatto che nei nostri cervelli non ci sono “elementi speciali”. Infatti, possediamo solo tre categorie di neuroni (sensoriali, associativi, motori).

Siamo privi di atomi e/o di cellule speciali.

Sono le connessioni all’interno dei nostri cervelli che ci rendono speciali.

Infatti, abbiamo appreso che cellule nervose simili possono svolgere funzioni differenti in merito alla loro collocazione ed alle loro connessioni stabilite.

E’ stato interessante conoscere che il cablaggio dei nostri cervelli è garantito da due proprietà biologiche del sistema: 1) ridondanza del sistema (veniamo al mondo con un dispositivo maggiore di neuroni di quanti ne abbiamo bisogno), 2) plasticità del sistema (le sinapsi potate subiranno un rafforzamento con l’esperienza).

Ecco il perchè le neuroscienze affermano che l’organizzazione dei nostri cervelli è regolata dalla selezione esperienziale.

Abbiamo appreso che la selezione esperienziale si attua attraverso tre fasi:

  1. Fase della morte cellulare naturale
  2. Fase della potatura sinaptica
  3. Fase della stabilizzazione delle sinapsi potate.

Le neuroscienze, negli ultimi decenni, hanno compiuto notevoli prigressi di conoscenza. Ci hanno fatto conoscere anche molte leggi biologiche capaci di regolare la stabilizzazione delle nostre sisapsi (adattamento, sensibilizzazione, desensibilizzazione, condizionamento classico).

A questo punto, compreso come si formano e si stabilizzano i circuiti neuronali e come questi circuiti si sincronizzano in reti nervose,  non abbiamo trovato difficile comprendere che le reti nervose sono sistemi di integrazione sensori-motoria che svolgono tre compiti fondamentali:

  1. ricevono messaggi sensoriali
  2. selezionano ed integrano queste informazioni sensoriali
  3. generano comandi motori per il controllo dei movimenti del corpo

Dunque, i movimenti che compiamo (comportamenti) dipendono dalla formazione e dalla integrazione dei nostri circuiti sensori-motori.

Le informazioni sensoriali, subito dopo essere state trasdotte, vengono integrate per mezzo dell’integrazione di circuiti sensori-motori elementari. Da questo processo di integrazione si genera la percezione e le memorie. Anche i nostri processi decisionali altro non sono che il risultato dell’integrazione di specifici circuiti sensori-motori.

E’ un modello nuovo, ove il comportamentismo ed il cognitivismo lasciano spazio all’approccio sensori-motorio.

Su quali solide basi poggia questo nuovo approccio?

Secondo il modello sensori-motorio i nostri corpi ricevono costantemente informazioni dall’ambiente. Queste informazioni necessitano di essere trasdotte (potenziali d’azione), per poi poter percorrere circuiti continuamente rimodellati dalle informazioni stesse (plasticità). Inoltre, le informazioni (potenziali d’azione) viaggiano anche verso il basso per regolare il flusso stesso delle informazioni (filtro sensoriale).

Perchè abbiamo dedicato tantissimo tempo allo studio di questo modello sensori-motorio?

Perchè durante tutto questo secondo anno di master faremo un’ipotesi, e sottoporremo questa ipotesi a verifiche cliniche severissime.

 L’ipotesi che faremo è quella di dimostrare che alcuni bambini vengono diagnosticati “autistici” perchè il loro “filtro sensoriale” funziona, fin dai primi mesi di vita, in maniera atipica.

Questo ci migliorerà sia come terapisti sia come educatori sanitari.

Ora dobbiamo ritornare su alcune conoscenze anatomiche, apprese nelle precedenti lezioni.

Lo studio dell’anatomia del S.N.C. ci ha mostrato che le informazioni sensoriali viaggiano come submodalità. Queste submodalità sensoriali vengono integrate a vari livelli. A livello delle nostre cortecce cerebrali, grazie all’organizzazione citoarchitettonica colonnare, si verifica il massimo livello integrativo tra submoduli e moduli sensoriali e motori.

Quello che non possiamo trascurare, mentre studieremo ed apprenderemo la nostra citoarchitettura corticale, è che la percezione o conoscenza rappresenta il risultato di un’operazione congiunta eseguita dal cervello, dal corpo possessore di quel cervello, oltre che dall’attività continua ed incessante dei suoi canali sensoriali stimolati dalle proprietà fisiche del mondo circostante.

Questa ricerca di conoscenza, presente sin dalle prime fasi della nostra vita, dirige il neurosviluppo.

La clinica pediatrica ci informa che alcuni cuccioli d’uomo, sin dalle loro prime fasi dello sviluppo, ricercano la conoscenza in modalità atipica in conseguenza ad un danno minimo e diffuso nei loro cervelli (approccio biologico all’autismo).

Non possiamo perdere altro tempo, dobbiamo porci domande intelligenti.

Un danno neurologico può modificare la ricezione degli stimoli sensoriali?

Un anomala selezione sensoriale può modificare il neurosviluppo?

Un ritardo dello sviluppo del linguaggio ed una relazione atipica possono essere consequenziali al disordine del neurosviluppo?

In altri termini, il corredo sintomatologico che un bambino con autismo manifesta può essere secondario al fatto che il neurosviluppo è anomalo, in conseguenza del danno sensoriale provocato dalla cerebropatia?

Nell’anno trascorso insieme abbiamo fatto riferimento a molti studi e ricerche a favore di questa possibilità, 1) Hubel e Wiesel, 2) M. Merzenich, 3) osservazioni provenienti dalla clinica oculistica pediatrica.

Ancora più ambizioso potrebbe essere un altro traguardo.

 Si possono definire le aree cerebrali che garantiscono la nostra intenzionalità individuale, la nostra intenzionalità congiunta e la nostra intenzionalità collettiva al fine di poter conoscere le strutture anatomiche e fisiologiche presenti nei nostri cervelli che ci hanno consentito di diventare umani?

In altri termini, possiamo cogliere la distinzione tra oggettivo e soggettivo per un “soffio”, per una geniale intuizione, per un modulo mentale, o perchè i nostri cervelli si sono sviluppati al punto tale da poterci garantire una triangolazione: vediamo entrambi quell’oggetto, ma TU lo vedi dalla tua prospettiva ed IO dalla mia?.

Questo significa che il nostro neurosviluppo ci garantisce di conoscere che stiamo condividendo l’attenzione sullo stesso oggetto ma con una sua prospettiva su di esso (la penna che ho sul tavolo è un regalo, per l’altro serve per scrivere).

La prospettiva o credenza, per svilupparsi, necessita di una corretta esperienza sensori-motoria.

Quando l’esperienza sensori-motoria è stata corretta, dai nove mesi di vita in poi, madre e figlio cominciano a fare le cose insieme, distinguendo sempre meglio l’oggettivo dal soggettivo. Questo processo richiede almeno tre/quattro anni e la sincronizzazione dei circuiti ippocampali (nascita del se autobiografico).

Intorno ai 18 mesi di vita i cuccioli d’uomo acquisiscono una importante abilità: imitazione con inversione di ruolo o mutamento di prospettiva. Questa abilità precede lo sviluppo del verbale.

Ma, solo dopo i 4 anni inizia a scomparire nei bambini la confusione che può provocare la domanda dello sperimentatore su DOVE l’agente cercherà la pallina con la richiesta su DOVE lui l’avrebbe cercata.

Solo dopo i 4 anni possiamo integrare la conoscenza del cosa (oggettiva) con quella del dove (soggettiva).

Una delle prime cose che vengono insegnate in un dipartimento di clinica neurologica è che i casi clinici contengono tutte quelle informazioni necessarie per formulare ipotesi circa la localizzazione e la natura della patologia del paziente. Attraverso l’utilizzo di queste informazioni il clinico, di volta in volta, decide di quali esami diagnostici e di quali cure necessita il suo paziente.

In questa sede dobbiamo ricordare che, le vie motorie e quelle sensoriali hanno un’organizzazione topografica, la neocortex ha una organizzazione colonnare.

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