Uncategorized

Perchè i bambini con autismo migliorano con la febbre

                                       

 Negli ultimi anni  è cresciuta sempre di più la consapevolezza che deve esserci una complessa interazione tra il sistema nervoso e quello immunitario nella regolazione delle manifestazioni cliniche dei disordini del neurosviluppo, tra cui i disturbi dello spettro autistico.

Per questo nessuno, dotato di buon senso, è disposto ancora a dubitare dell’esistenza di un collegamento tra infiammazione cronica ed autismo.

Pertanto non ci meravigliamo quando veniamo a sapere che sempre più ricerche vengono condotte nel tentativo di scoprire i meccanismi di questa interazione “ cervello/sistema immunitario”, sia a livello cellulare, sia a livello molecolare, sia di recettori presenti nei nostri cervelli; oltre che, di come queste interazioni possano generare i segni e sintomi tipici dei disturbi dello spettro autistico (difficoltà comunicative, relazionali e turbe del comportamento).

A tal proposito, particolare interesse aveva suscitato uno studio (Choi e Huch del Picower Institute for Learning and Memory, 2016) che dimostrava che i topi nati da madri che hanno sofferto di gravi infezioni durante la gravidanza presentano maggiori probabilità di sviluppare isolamento sociale, comportamenti ripetitivi e rigidi. Inoltre, gli autori dello studio avevano scoperto che i sintomi descritti derivavano dall’esposizione del cervello embrionale ad una interleuchina materna (IL-17) capace di provocare difetti di sviluppo in una precisa area cerebrale.

Con la loro ricerca, gli autori avevano dimostrato che l’attivazione immunitaria nella mamma è responsabile di un anomalo processo di organizzazione neurologica (moltiplicazione neuronale, migrazione neuronale, formazione e selezione sinaptica) embrionale e questo, a sua volta, induce i comportamenti atipici nei giovani topolini.

In effetti, uno studio su bambini danesi nati tra il 1980 ed il 2005 aveva già rilevato che gravi infezioni virali durante il primo trimeste di gravidanza triplicava il rischio di autismo, mentre le infezioni batteriche durante il secondo trimeste aumentava di 1,45 il rischio. Queste infezioni materne includevano gravi infezioni delle vie urinarie, gastroenteriti virali e influenza.

Il blog “autismo fuori dagli schemi”invita le lettrici ed i lettori a riflettere su un altro aspetto di queste ricerche.

Sapete quale specifica regione cerebrale dell’embrione in via di sviluppo deve essere esposta all ’IL-17 per favorire l’insorgenza dei sintomi (atipie comportamentali, isolamento sociale)?

 Una parte della corteccia somatosensoriale (S1DZ), quella maggiormente interessata nella propriocezione e nella abilità di “cognitivizzare” il DOVE (IO in relazione allo spazio).

Come se non bastasse, i ricercatori in questione (Gloria Choi e coll.), continuando le ricerche in questo settore, hanno svelato i misteri di un altro curioso aspetto clinico: conoscere come il sistema immunitario può sopprimere i disturbi del comportamento (stereotipie, iperattività, chiusura relazionale).

Per anni i genitori di bambini con autismo hanno riferito ai tecnici, con poco ascolto, che i sintomi comportamentali diminuivano quando il bambino aveva la febbre.

Ancora una volta la ricerca ha utilizzato modelli murini.

Choi e colleghi hanno studiato i topi che mostravano sintomi comportamentali dovuti all’esposizione all’infiammazione durante la gestazione. Iniettando in questi topi un componente batterico capace di indurre febbre, hanno scoperto che i segni di chiusura regredivano.

In effetti, si è visto che con l’infiammazione indotta, i topi producevano IL-17 che si legava ai recettori neuronali di una specifica area della corteccia somato-sensoriale (la stessa area cerebrale che veniva danneggiata nel corso dell’infiammazione materna).

 Studi di controllo hanno confermato che l’interleuchina, IL-17, riduce l’iperattivita di neuroni somato-sensoriali rendendo i topi più interessati ad interagire con altri topi.

Quando i ricercatori hanno inibito IL-17, oppure eliminato i recettori per l’interleuchina, i topi non hanno mostrato la remissione dei sintomi.

Gli esperimenti hanno anche dimostrato che il semplice aumento della temperatura corporea dei topi non aveva alcun effetto sui sintomi.

E’ l’interleuchina 17 l’attore principale che, in questo caso, fa regredire i sintomi.

Non ci sono dubbi, il sistema immunitario attraverso specifiche molecole “dialoga” direttamente con il cervello.

Si apre un nuovo orizzonte.

 Il sistema immunitario, come i nostri sensi, è capace di modulare il cervello e, dunque, regola il comportamento.

 Lo fa inviando direttamente i suoi messaggeri al cervello (dove funzionano come se fossero neurotrasmettitori), per modificare il modo in cui funzionano e si integrano i circuiti neuronali.

Quello che, ancora una volta sorprende, è che la stessa molecola immunitaria, IL-17, sembra mostrare effetti opposti a seconda del contesto: promuovere comportamenti simil-autismo quando agisce sul cervello fetale in via di sviluppo, migliora comportamenti simil-autismo quando modula l’attività neuronale in un cervello più adulto (la natura ottimizza le spese).

Di certo, per ora, dobbiamo prendere atto che il sistema nervoso centrale, almeno nei mammiferi, si è evoluto grazie alla segnalazione delle citochine durante le primissime fasi del neurosviluppo.

Tutto questo, nell’interesse dei soggetti con disturbo dello spettro autistico, non può essere trascurato dai clinici del settore.

Lascia un commento

Commento
Nome*
Email*
Sito web*