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Conoscere i canali di comunicazione tra la nostra pancia ed i nostri cervelli

                 

Se di sicuro siamo obbligati a mangiare per vivere è pur vero che siamo ricompensati con il piacere.

Per questo motivo il consumo alimentare deve rispondere a diverse sollecitazioni dell’organismo che si collocano a metà tra la biologia e la psicologia.

In effetti nel nostro cervello ci sono almeno due sistemi anatomici, distinti ma connessi, capaci di gestire sia l’apporto energetico sia il piacere.

 Mentre l’ipotalamo ed alcuni nuclei del tronco encefalico, con le loro connessioni con i neuroni della corteccia prefrontale, rappresentano la sede dei neuroni che stimolano (oressigeni) oppure riducono (anoressigeni) l’appetito, il nucleo accumbens e l’area tegmentale ventrale sono popolati da neuroni che formano la rete che regola la ricompensa o piacere.

Ma, anche per il mangiare, come per tutti i nostri comportamenti o azioni, un approccio troppo centrale (cognitivista) ci impedirebbe di comprendere fino in fondo la nostra natura, in genere, ed il modo di alimentarci nello specifico.

Infatti, un ruolo di primo piano è rappresentato dai neuroni presenti nella parete intestinale che, insieme a molti ormoni, segnalano ai neuroni ipotalamici il livello delle nostre riserve di zuccheri e grassi. Lo zucchero, la leptina, l’insulina, come altre sostanze, attivano i neuroni anoressogeni ed inibiscono gli antagonisti, contribuendo alla riduzione del desiderio del mangiare. Allo stesso tempo, sappiamo che altre sostanze, ad esempio la grelina, stimolano il desiderio di mangiare.

Di certo, anche il nostro stile di vita può causare alterazioni dell’equilibrio energetico provocando disturbi dell’alimentazione.

Quello che trovo particolarmente interessante, e che mi piace portare alle attenzioni delle lettrici e dei lettori del blog “autismo fuori dagli schemi”, è che negli ultimi anni i ricercatori hanno individuato un altro elemento che regola il nostro comportamento alimentare: il microbiota intestinale, composto da miliardi di batteri, virus, parassiti e funghi non patogeni, ove i primi sono i più rappresentati.

Addirittura, negli ultimi anni, i ricercatori hanno iniziato ad indagare sul cosa succede nei nostri cervelli in merito a ciò che mangiamo, arrivando alla conclusione che i nostri livelli di ansia, di stress, di comportamenti possono dipendere anche dal nostro tubo digerente o, se preferiamo, dal sistema nervoso enterico che influisce sul cervello tramite il nervo vago (decimo nervo cranico).

In effetti, negli ultimi anni i ricercatori stanno studiando sempre meglio come l’inestino comunica con il cervello della presa alimentare, e come intestino e cervello partecipano alla sazietà.

 Da questi studi è emerso che il nostro microbiota è capace di amplificare e modulare questa comunicazione.

Inoltre, abbiamo appreso che il microbiota intestinale, oltre a consentire la digestione degli alimenti e la difesa del corpo (funzione metabolica ed immunitaria), partecipa allo sviluppo ed al funzionamento del cervello.

Grazie a studi condotti sui roditori si è potuto vedere che il microbiota è capace di ridurre la permeabilità della barriera ematoencefalica (BEA) che circonda ed isola il cervello, oltre che ad influenzare la comunicazione sinaptica. Inoltre, facilita il processo di maturazione delle cellule immunitarie.

Si è visto che i microrganismi intestinali agiscono sia per mezzo delle molecole che producono (acidi grassi) sia per mezzo delle molecole che li costituiscono.

 Inoltre, abbiamo appreso che entrambe queste categorie di molecole sono capaci di raggiungere il cervello attraverso almeno tre vie. Infatti, possono raggiungere il cervello percorrendo il sistema immunitario ed endocrino intestinale, attraverso la via ematica, ma anche attraverso la via nervosa “sensitiva” (influenzando l’attività del decimo nervo cranico che collega l’intestino alcervello).

Abbiamo anche conosciuto la provenienza dei microrganismi intestinali.

 Abbiamo visto che, siccome l’ambiente esterno alla cavità uterina non è sterile, batteri di ogni sorta colonizzano il sistema digerente del cucciolo d’uomo dall’istante in cui viene al mondo (specie per il parto naturale).

Poi, sappiamo che gli alimenti sono popolati da microrganismi che penetrano nell’intestino nel corso dei giorni, mesi, anni successivi, dando vita al microbiota.

Abbiamo appreso anche altre cose, ad esempio abbiamo conosciuto che la composizione del nostro microbiota non è immutabile. Infatti, l’assunzione di antibiotici, infezioni, come anche cambiamenti del regime alimentare, possono modificare sia la natura sia il numero dei microrganismi.

Abbiamo osservato, inoltre, che uno stress cronico (potrebbe essere quello di vivere con un sistema sensoriale esterocettivo costantemente in iper) comporta una composizione batterica intestinale anomala ed una infiammazione intestinale, con conseguente iperalgesia viscerale ed aumento della permeabilità dell’inestino.

C’è ancora un aspetto che voglio sottolineare, convinto che potrebbe aiutarci, in un futuro prossimo, a comprendere meglio il ruolo del microbiota intestinale nella patogenesi dei disturbi dello spettro autistico.

Sapete quando il nostro neurosviluppo ci consente di passare dalla fase sensori-motoria a quella educativa?

Intorno ai 36 mesi di vita (nessun bambino può ricevere diagnosi di disturbo dello spettro autistico se prima di questa età non era presente alcun segno clinico patognomonico dell’autismo).

Sapete quando il microbiota intestinale di un cucciolo d’uomo raggiunge una composizione simile a quella dell’età adulta?

Solamente intorno ai 36 mesi di vita.

1 commento a Conoscere i canali di comunicazione tra la nostra pancia ed i nostri cervelli

  • Patrizia Cadei

    Bravissimo, come sempre

    Rispondi

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