Uncategorized

UN’AMABILE BUGIA OPPURE UNA MANCATA VERITA’

                                       

   …..E se diciamo una bugia è una mancata verità che prima o poi succederà………

Prendendo spunto da questa bellissima canzone di Fiorella Mannoia, come titolo di questo breve articolo, avrei potuto anche scrivere: “quello che i cognitivisti non dicono”

Nell’immaginario comune le bugie hanno una cattiva reputazione.

 Eppure, la capacità complessa di “ingannare” gli altri rappresenta un passo fondamentale nello sviluppo cognitivo del cucciolo d’uomo per cui non ci meraviglia lo stupore, o meglio ancora la gioia, nel “vivere” le loro prime menzogne, frutto di una tappa fondamentale del neurosviluppo e che nulla ha a che fare con la cattiva educazione.

Per questo motivo non deve sorprenderci l’interesse che, fin dalla nascita della psicologia dello sviluppo, i ricercatori hanno manifestato nei confronti di questa tematica molto umana: la menzogna.

A partire dagli anni 80 del secolo scorso, il tema di come apprendiamo a dire bugie è stato sempre più al centro delle attenzioni da parte dei cognitivisti e dei psicologi dello sviluppo.

Un primo risultato, di questo impegno scientifico, è stato quello di dedurre che la nostra capacità di mentire è strettamente legata alla cosiddetta teoria della mente: la capacità di attribuire agli altri o a se stessi stati mentali, oltre che intenzioni, conoscenze o desideri.

Negli anni 90, con il progredire di questi studi, si potè andare oltre.

 Infatti, gli psicologi dello sviluppo furono in grado di sostenere che, apprendendo come ingannare l’altro, i bambini migliorano anche per quanto riguarda la teoria della mente e le funzioni esecutive (strettamente connesse allo sviluppo della corteccia prefrontale).

Un altro dato, per nulla irrilevante, è quello che mostra come la capacità di mentire necessita di un lungo periodo di neurosviluppo.

Infatti, i cuccioli d’uomo all’età di 2 anni non sanno mentire mentre solo la metà di quelli di tre anni e quelli di quattro anni iniziano a sviluppare la capacità di dire bugie.

Quest’ultimo dato non può non suscitare interesse ed approfondimento nelle lettrici e lettori del blog “autismo fuori dagli schemi” in quanto, si è visto che, i bambini con disturbo dello spettro autistico sviluppano la capacità di dire bugie con ritardo e con maggiori difficoltà rispetto al resto della popolazione; motivo per cui i cognitivisti hanno supposto che questi pazienti difettano di una “teoria della mente” (per i cognitivisti sono bambini incapaci di attribuire agli altri stati mentali).

Eppure questa teoria, così cara ai cognitivisti, è fondata su una grossa bugia o, se preferite, su una mancata verità.

In effetti, nessuno vuole mettere in discussione quanto viene sostenuto, nello specifico, dai cognitivisti. In altri termini, nessuno intende dubitare del fatto che, par mentire bene, i bambini devono capire che gli altri non vedono il mondo alla loro stessa maniera, e che hanno alle spalle conoscenze, emozioni ed esperienze diverse. Cioè, devono capire che l’altro, al loro contrario, non ha visto nè sentito per cui potrebbe essere soggetto a credere a qualcosa che potrebbe non essere vero. In ultimo ma non ultimo, nessuno mette in discussione che per dire bugie i bambini devono modificare il proprio comportamento, inibendo le risposte più semplici (sincere) per poter sostenere quelle più complesse (false).

Quello che però manca in questa spiegazione (bugia o mancata verità che prima o poi arriverà?) è che nei primi 1000 giorni di vita, dunque prima di poter dire bugie, il cervello del cucciolo d’uomo è impegnato nello sviluppo di quello che la psicologia ha definito con il termine IO (ciò che conosco), oltre che di come IO vede il mondo (prospettiva).

 Solamente dopo il terzo anno di vita il neurosviluppo garantirà a quell’IO di conoscere che anche gli altri hanno un loro IO ed una loro prospettiva, e che questa può essere anche differente.

Con un minimo di intuito, a ben pensare, non ci è difficile comprendere che per dire una bugia, anche amabile, deve essere ben presente una precedente abilità: che cosa sta facendo il mio corpo?

Ed è questo il reale problema dei bambini con disturbo dello spettro autistico.

Di certo, se non dovessimo porci come obiettivo terapeutico quello di aiutarli a risolvere questo problema (conoscenza del corpo mediante stimolazioni tattili e motorie) non potremmo aspettarci di essere “ingannati” da loro.

Lascia un commento

Commento
Nome*
Email*
Sito web*