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Neocorteccia e disturbi dello spettro autistico

 Come molti sanno, l’autismo infantile fu diagnosticato nel 1943 da Leo Kanner.

Lo psichiatra americano, di origine austriaca, raggruppò undici bambini con severe difficoltà comunicative, relazionali e comportamentali (stereotipie) ed attribuì “l’etichetta” di autismo infantile a questa condizione medica.

 L’aspetto fisico di questi bambini, con il relativo “stato di apparente buona salute”, condusse ad un errore interpretativo eziologico in quanto “il comportamento di chiusura” di questi cuccioli d’uomo fu considerato secondario ad una affettività materna (Bettelheim, La fortezza vuota).

 L’assenza di linguaggio in questi piccoli pazienti li esonerava da una “talking cure”, trattamento che veniva erroneamente prescritto alle loro madri.

 Purtroppo (per questi bambini e per le loro famiglie), nei decenni successivi la “situazione medica” non era destinata a migliorare.

 Infatti, l’unica alternativa all’approccio dinamico fu rappresentata dall’approccio comportamentista.

 Questa prospettiva “liberò” la famiglia dall’infondatezza della ipotesi eziologica (madre frigorifero), oltre che dalla presunzione di curare, attraverso il potente metodo del linguaggio, il cervello della mamma; allo stesso tempo non consentì di accendere alcuna “luce” sul vero responsabile del quadro clinico del bambino: il cervello

. Anche negli anni successivi, gli specialisti del settore non hanno proposto significativi cambiamenti nell’approccio allo studio dell’ autismo infantile.

 Infatti, i primi mezzi di indagine strumentale (T.A.C., RMN) contribuirono a focalizzare le attenzioni soprattutto sulla corteccia cerebrale (cognitivismo), mentre si continuava a trascurare il neurosviluppo ed il fatto che i primi segni clinici compaiono precocemente (12-14 mesi di vita), per cui non potevano essere “ primariamente cognitivi”.

 Alla fine del secolo scorso le neuroscienze hanno subito un forte condizionamento da parte della Biologia Evolutiva.

 Da questa nuova “prospettiva”, negli ultimi anni, si è potuto conoscere l’autismo infantile come non era stato possibile in precedenza e, soprattutto, si è compreso che è sempre secondario ad un “disordine del processo di apprendimento delle nostre abilità tipicamente umane, quali il linguaggio verbale e la socialità”.

 In termini tecnici, oggi sappiamo che alcuni nostri cuccioli non imparano a parlare ed a relazionarsi per un disordine dello sviluppo del loro cervello e per questo, convenzionalmente, verranno diagnosticati “autistici”.

In quanto creature biologiche complesse, il cervello è l’organo che sovraintende alla nostra sopravvivenza.

 Esso può svolgere tale funzione in quanto riceve informazioni dal nostro corpo (in merito ai bisogni ed al posizionamento ovvero enterocettivo e propriocettivo), dal mondo esterno ovvero dal luogo ove si trovano tutti gli oggetti che possono soddisfare i nostri bisogni interni (riferimento o esterocettivo) e, allo stesso tempo, controlla l’azione.

La parte evolutivamente più antica del cervello è rappresentata dal tronco encefalico. All’interno di questa regione troviamo raggruppamenti di cellule nervose o nuclei che regolano la nostra vita vegetativa e viscerale in quanto controllano la digestione, la respirazione, il battito cardiaco ed altre funzioni simili. Per questo, il correlato neuronale della nostra vita vegetativa è basato su circuiti sensori-motori geneticamente prestabiliti il cui progetto di base è condiviso da tutti i mammiferi (nel corso dell’evoluzione l’apparato respiratorio, digestivo, urinario, cardiocircolatorio non hanno subito grosse modifiche all’interno dei mammiferi).

 E’ anche bene ricordare che questi circuiti sono così importanti per la vita che, se ci fossero anche minime modifiche di struttura, non potremmo sopravvivere.

 Al di sopra di questi circuiti neuronali, nella parte superiore del tronco encefalico, troviamo una serie di strutture neuronali o sistema limbico (ancora prevale un’organizzazione nucleare) che “colorano” il nostro modo di “sentirci”.

 Ovviamente, ogni uomo, oltre a “sentirsi in questo modo”, è anche capace di percepire il mondo intorno a lui.

 Questa funzione è svolta prevalentemente dalla corteccia cerebrale.

La corteccia cerebrale può svolgere questo compito in quanto, nel corso dell’evoluzione, ha subito una vera rivoluzione citoarchitettonica.

 Infatti, l’elemento fondamentale della nostra corteccia cerebrale non è più rappresentato dalla cellula nervosa bensì dalla colonna.

 E’ grazie a questa organizzazione colonnare se, nei primi anni della nostra vita, si sviluppa la rete neuronale (sincronizzazione tra circuiti sensori-motori specializzati in funzioni molto differenti), con il conseguente sviluppo delle nostre capacità di produrre azioni efficaci.

 Il linguaggio, così come la nostra socialità, dipende proprio dallo sviluppo di queste nostre capacità.

Oggi, finalmente, sappiamo che i bambini con disturbo dello spettro autistico non hanno una problematica “dinamica” né, tantomeno, sono psicotici.

 Essi, non hanno nemmeno una problematica primaria del comportamento o della cognizione.

 Infatti, i bambini con disturbo dello spettro autistico non sono organismi che se ne stanno lì in attesa di essere spronati all’azione. Essi sono agenti diretti ad uno scopo, capaci di decisioni. Come tutti gli agenti diretti a uno scopo e capaci di decisioni cercano attivamente di realizzare i propri obiettivi e di conservare i propri valori di riferimento agendo sul mondo.

 Gli obiettivi non sono entità misteriose, come sostengono i comportamentisti.

 Gli obiettivi sono percezioni del mondo, situazioni immaginate percettivamente, che il bambino desidera o è motivato a realizzare. Dopodiché eseguono il comportamento, fino a quando non percepiscono di aver realizzato le situazioni desiderate nel mondo reale. 

Oggi siamo a conoscenza che questi bambini hanno un “disordine” nello sviluppo della rete neuronale (integrazione tra colonne corticali che trattano informazioni differenti) e per questo hanno un “disordine percettivo”.

 Non è più trascurabile.

 La biologia evolutiva ci ha mostrato che animali che si comportano in maniera differente percepiscono il mondo in modo differente.

 Per produrre azioni efficaci è richiesta la percezione degli ambienti da parte degli organismi. Ma non di ogni cosa che è presente nell’ambiente.

 Gli organismi devono percepire soltanto i suoi aspetti rilevanti per le proprie azioni, come un termostato percepisce solo la temperatura.

 Per questo, il filtro sensoriale è fondamentale per lo sviluppo del cognitivo.

Le terapie da proporre nei disturbi dello spettro autistico, beneficiando della plasticità neuronale, devono necessariamente essere coerenti con questa conoscenza.

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