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IL NEUROSVILUPPO DALLA PROSPETTIVA DEL NEUROFISIOPATOLOGO

                        

Un neurofisiopatologo deve impegnarsi nel tentativo di provare a condurre il neurosviluppo (fisiologia), ed i disordini del neurosviluppo (patologia), tra le condizioni biologiche.

Questo significa, innanzitutto, che quanto viene osservato ed ascoltato, in ambito sia fisiologico sia patologico, non deve essere sottoposto all’interpretazione del tecnico (quel cucciolo d’uomo ha uno sviluppo psico-motorio nella norma oppure mostra un ritardo dello sviluppo psico-motorio oppure è autistico) ma deve essere spiegato in termini di anatomia e fisiopatologia del sistema nervoso, partendo dallo studio del tessuto nervoso (neuroni e cellule gliali)

Per questo, non possiamo progredire nello “sviluppo” delle nostre conoscenze e, tantomeno, nelle cure per i bambini con disordine del neurosviluppo se non dovessimo avere solide conoscenze di neurobiologia, di neuroanatomia e di neurofisiologia.

Dal 1906, anno in cui è stata scoperta la cellula nervosa o neurone, si è sviluppata la Teoria del neurone (cardine delle moderne neuroscienze).

Tale teoria è fondata sul riconoscimento del neurone quale unità genetica (ha in se le informazioni genetiche per lo svolgimento delle sue funzioni), unità funzionale (capacità di generare e di propagare lungo le sue membrane i potenziali d’azione), un’unità anatomica (completamente delineata dalla sua membrana citoplasmatica).

 E’ proprio per quest’ultima proprietà biologica del neurone che, trovandosi in contiguità e non in continuità con altre cellule, per comunicare è necessaria la sinapsi.

Ovviamente, per comprendere l’importanza del luogo di comunicazione tra cellule nervose (sinapsi), che per alcuni scenziati corrisponderebbe alla sede della nostra “anima”, è necessario sapere cos’è un potenziale d’azione (il codice della comunicazione), cosa sono i neurotrasmettitori ed i recettori, e sapere che le sinapsi possono essere eccitatrici o inibitrici a secondo se stimolano la genesi dei potenziali d’azione oppure l’inibiscono (se depolarizzano o iperpolarizzano il gradiente elettrico di membrana).

Se queste basi dovessero essere solide non dovremmo manifestare difficoltà nel comprendere il concetto di circuito neuronale, così come quello di rete neuronale.

Allo stesso tempo siamo venuti a conoscere che la rete alla nascita non è formata o sviluppata anzi necessita di molti anni per svilupparsi completamente (mai definitivamente), grazie alla plasticità del sistema.

La psicologia dello sviluppo ci mostra non solo gli svantaggi ma, soprattutto, i vantaggi di possedere una rete neuronale che richiede tantissimo tempo per il suo sviluppo (l’educazione e la cultura diventano le più alte espressioni epigenetiche).

Allo stesso tempo ci mostra che un ambiente deprivato di stimoli sensori-motori, nei primi mille giorni di vita, può avere effetti deleteri sullo sviluppo della rete neuronale; maggiori di quanto possa provacare una carenza educativa e formativa.

Il neurofisiopatolo prende atto di tutto questo e comincia ad edificare un ambizioso progetto: “perchè gli input sensori-motori sono così importanti?”.

In altri termini, si impegna nel tentativo di comprendere “come” gli stimoli sensori-motori prima, e l’educazione poi, selezionano la rete neuronale in termini di anatomia e fisiologia del sistema nervoso.

Per questo motivo, il neurofisiopatologo “porta” lo studio del neurosviluppo e, soprattutto, dei disordini del neurosviluppo tra le condizioni biologiche, rompendo definitivamente con il passato (approccio interpretativo della problematica o psicologico).

E’ un percorso molto affascinante, non privo di meraviglie e stupore.

Ad esempio, le moderne neuroscienze ci hanno mostrato, da questa nuova prospettiva “neurobiologica”, che un ambiente poco stimolante in termini di input sensori-motori è deleterio per il cucciolo d’uomo perchè “quel corpo non fà”.

E’ questa la grande novità del nostro tempo.

Il cervello umano è privo di qualsiasi elemento “speciale”.

Il nostro cervello, come quello di tutte le altre specie viventi del creato, è “semplicemente” un dispositivo sensori-motorio (J. Le Doux).

 La sua funzione, pertanto, è quella di collegare le periferie sensoriali (organi di senso) e motorie (muscoli) al servizio del corpo (agire in maniera da favorire la sopravvivenza).

La novità che abbiamo appreso è che il cervello umano è ricco di interneuroni.

 Questa crescita consente non solo di “registrare”  tutte le azioni del corpo (quando esegue e quando non esegue) ma, anche, di integrarle con le afferenze sensori-motorie esterocettive.

Il neurofisiopatologo ha compreso che, questo dispositivo sensori-motorio complesso (ricco di interneuroni) garantisce lo sviluppo della soggettività (Io) che rappresenta un passaggio obbligato per lo sviluppo del linguaggio e della socialità (Noi).

Una popolazione di cuccioli d’uomo, nei primi mille giorni della loro vita, per un disordine dello sviluppo dei collegamenti in una precisa parte del loro cervello (rete neuronale cortico-talamica e sostanza bianca superficiale o collegamenti diretti dai II strati corticali) vedono compromessa la capacità di sviluppare, successivamente, quelle abilità tipicamente umane (linguaggio e socialità).

 Il grande merito della neurofisiopatologia è che ci aiuta a comprendere che i comportamenti di questi cuccioli d’uomo rappresentano una risposta adattiva alla loro condizione neurobiologica e non un comportamento problema.

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